Altro film su Pasolini e la sua misteriosa fine. Niente di nuovo
Nel fittissimo e denso “porto delle nebbie” che è stata ed è forse tuttora, la giustizia italiana, si sono spesso impantanati grossi misteri, delitti rimasti senza colpevoli, i cosiddetti “cold case”. Quello di Pasolini è stato uno di quelli più eclatanti. Tanti cineasti e giornalisti si sono cimentati nella ricostruzione di quella “maledetta storia “accaduta il 2 novembre del 1975 sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia, in cui fu massacrato e ucciso uno dei più grandi intellettuali del ventesimo secolo. Si pensi ad Abel Ferrara o a Marco Tullio Giordana. Ora è il turno di David Grieco con “ La macchinazione”, un film che azzarda ipotesi, di fatto ennesimo tentativo di cercare risposte e una verità, che ancora resta oscura .Per l'intero film che ripercorre gli ultimi tre mesi dello scrittore bolognese, Grieco si sforza nell'illustrare tutte le sue presunte verità complottiste, prendendo spunto dalle ricostruzioni del delitto di Sergio Citti e dal libro autobiografico di Pelosi, “il ragazzo di vita” rimorchiato dal poeta, dichiaratamente omosessuale,il quale fermato dalla polizia a bordo dell’auto di Pasolini, aveva confessato il delitto, ma che poi negli anni a seguire aveva ritrattato più volte, peraltro è stato l’unico a scontare una pena. Grieco ipotizza che il furto delle pizze di "Salò o le 120 giornate di Sodoma" non sia stato compiuto per estorcere denaro, ma si sia trattato di una scellerata messinscena-trappola, conclusa in un agguato mortale, ordita dai poteri forti a cui Pasolini era inviso; Pelosi prima blandito e poi apertamente minacciato, avrebbe fatto da capro espiatorio, per distogliere le attenzioni dell’opinione pubblica e della magistratura, dai mandanti del delitto e dai forse tanti esecutori, mascherando come colluttazione passionale, quello che probabilmente è stato un omicidio politico Massimo Ranieri, il protagonista, somiglia fisicamente molto a Pier Paolo e la sua recitazione è diligente, anche se troppo scolastica e di maniera; grottesca l’intervista rilasciata al giornalista in un “francese” da avanspettacolo. Tratto dall’omonimo libro firmato dallo stesso Grieco, che conobbe e fu allievo di Pasolini, nonché tra i primi a sopraggiungere sul luogo del delitto, si concentra su ciò cui esplicitamente allude il titolo del suo film: il complotto letale ordito dall’alto e messo in opera dal basso, da quel proletariato in procinto di immolare, per sempre, la propria innocenza. La tesi però resta sospesa, difficilmente decifrabile. Il Pasolini, secondo il regista, era soprattutto un lavoratore stacanovista, che trascorreva il suo tempo tra il montaggio del suo ultimo film “maledetto Salò” e la stesura del suo romanzo, poi rimasto incompiuto “Petrolio”: feroce atto di accusa contro il potere politico ed economico dell’epoca; spesso s’intratteneva con l’affettuosa madre. Quando siede alla macchina da scrivere, le immagini diventano “seppia”, senza troppe spiegazioni, a seguire apparizioni fugaci di eminenze grigie, intercettazioni, poliziotti corrotti dal potere e proletari sedotti dal capitalismo, con i suoi feticci consumistici.Nonostante lo script meticoloso, il prodotto cinematografico resta incompiuto. La macchinazione di cui al titolo, in fin dei conti la supponiamo, più che vederla e seguirla. Grieco presuppone probabilmente un pubblico già ben informato, dai “media”, dai libri già scritti, dai film già fatti, ma in buona sostanza è poco chiaro. La trama, saltando tra “flashback” e “flashforward ”mostra numerose crepe e non raggiunge l’incisività di un film “inchiesta”, spunti ce ne sono tanti, ma sviluppi pochi e disordinati, peraltro di cattivo gusto l’indugiare finale della M.d.P. sul corpo martoriato del poeta.In realtà si ha l’impressione che Grieco affronti il film, con una certa stanchezza nel raccontare una storia già tante volte narrata e da lui stesso scritta e analizzata nel libro omonimo. Lodevole l’impegno, ma deludente il risultato. Bravi i comprimari, in particolare il compianto Libero De Rienzo
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