Regia di Ava DuVernay vedi scheda film
Dieci anni dopo l'episodio che diede vita al boicottaggio del servizio di traporto pubblico a Montgomery, in Alabama, a seguito del rifiuto da parte di Rosa Parks di cedere il posto a sedere su un autobus a un bianco, il cammino per i diritti civili da parte della popolazione di colore era ancora molto lungo. Più lungo di quello che nel 1965 da Selma avrebbe portato la popolazione di colore a manifestare fino a Montgomery, 80 chilometri percorsi sotto la guida di Martin Luther King, il reverendo che predicava la nonviolenza e, forte del premio Nobel per la pace vinto l'anno precedente, poteva permettersi di parlare da pari a pari con il presidente degli Stati Uniti, l'ambiguo Lyndon Johnson (Wilkinson). Mentre Malcolm X spingeva la popolazione nera verso lo scontro frontale, MLK rivendicava il diritto al voto per i neri, sancito dalle leggi federali ma non rispettato a livello locale da gran parte degli Stati del Sud. Per questo, il leader nero organizzò quella marcia alla quale si unirono molti bianchi progressisti, desiderosi di vedere rispettati i diritti civili della popolazione discriminata. A seguito di quella clamorosa protesta, le cui immagini fecero il giro del mondo, fu proclamato Voting Rights Act, con buona pace di J. Edgar Hoover (Baker) e del governatore dell'Alabama George Wallace (Roth).
Ava DuVernay dirige un film necessario, seppure diseguale e a tratti oleografico, con scene di massa non sempre all'altezza e lunghe parentesi fin troppo parlate. Ma in un'epoca di serpeggiante razzismo, nonostante nel frattempo il primo presidente nero si fosse insediato alla Casa Bianca, le differenze di condizione tra bianchi e neri sono ancora troppo accentuate e il film assume un valore che va ben al di là della mera documentazione storica.
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