Regia di James Ponsoldt vedi scheda film
1996, esce Infinite jest di David Foster Wallace, autore sconosciuto e misterioso, anticonformista e isolato per scelta. Il giovane giornalista David Lipsky propone a Rolling stone di intervistarlo; non è un musicista, ma si tratta pur sempre di un personaggio molto affine a una rockstar: Lipsky ottiene il permesso di contattarlo. Ne nasce un'amicizia che si sviluppa nel corso di 3 settimane durante le quali Lipsy affianca Wallace nel tour di promozione del libro.
Non è un biopic, non è un documentario, non è neppure un film-tributo all'autore di culto David Foster Wallace; fondamentalmente dopo la visione di The end of the tour non si sa molto di più su di lui di quanto si sapesse in partenza. C'è però qualcosa di tutte queste componenti, dentro alla pellicola di James Ponsoldt e nella relativa sceneggiatura di Donald Margulies che parte proprio dal libro in cui Lipsky racconta Wallace: è un'opera che omaggia il suo soggetto provando a raccontarlo da vicino, con le parole di chi l'ha conosciuto in maniera ravvicinata. Scrivere di uno scrittore che scrive di un altro scrittore è però un'operazione piuttosto azzardata e spesso il meccanismo risulta un po' troppo artificioso, quando non addirittura forzato; il ritmo si inceppa infatti a più riprese e gli espedienti retorici di cui vivono i dialoghi (che in fin dei conti sono tutto, nel film) affiora spesso in superficie in tutta la loro banalità. Ciononostante la storia presenta qualche momento riuscito - compreso il finale, debitamente virato al patetico - e la figura di Wallace è indubbiamente pregna di fascino, anche traslata sullo schermo in questa maniera; ma naturalmente la cosa migliore in tutto questo è l'interpretazione da parte dei due attori principali, d'altronde entrambi nomi di richiamo: Jesse Eisenberg e Jason Segel. 4/10.
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