Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
Per affrontare il fenomeno (in ogni senso) Messi, De la Iglesia opta per la docufiction. I segmenti di finzione, televisivi, posticci e del tutto inadeguati al soggetto (uno tra i cinque calciatori più forti di ogni tempo, impossibile da ricreare), si pongono come obiettivo la ricostruzione delle parti mancanti all’archivio storico del percorso della “pulce”. Dunque: l’infanzia nei campetti del Grandoli, la vita in famiglia, i retroscena tra procuratori, agenti e pezzi grossi delle federazioni argentina e spagnola vengono affidati ad attori e inquadrature piatte, palesemente fasulle. Se la fiction delude, è nel puro documentarismo che Messi offre punti di vista eccentrici, affidando la narrazione esterna ad amici di infanzia, calciatori del Barça (Iniesta, Mascherano, Piqué), ex campioni e guru intramontabili (Cruijff, Valdano) e pezzi di storia del calcio argentino (Menotti, Sabella), tutti riuniti nello stesso ristorante. La chiacchierata abbraccia l’intero percorso del fenomeno, in un andirivieni di frontalità e repertorio di campo che restituisce la prismatica complessità dell’uomo e del giocatore. Detto che il racconto è giocoforza incompleto (mai come oggi Messi arricchisce di giorno in giorno la propria leggenda), a mancare sono le emozioni, soffocate da troppi elementi estranei al gioco, al sudore, al pathos dello sport più bello del mondo. Nelle mani di un narratore come Federico Buffa, la storia di Lionel avrebbe goduto del meritato tributo.
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