Regia di Aleksander Bach vedi scheda film
Dal 2000 a oggi, la saga videoludica di Hitman inscena le risolute scorribande di un killer geneticamente modificato (l’Agente 47), dotato di capacità fisiche incredibili. Nel 2007, alla sua prima tappa al cinema, Hitman: L’assassino, finiva a menare le mani durante un colpo di stato russo. Otto anni dopo eccolo in conflitto con la sua agenzia, pronta a creare un esercito di suoi simili. Le forzate, ma sempre meno frequenti, riflessioni teoriche sulle sovrapposizioni - estetiche, di pubblico e di modalità di fruizione - tra cinema e videogioco, di fronte a Hitman: Agent 47 alimentano il solito sospetto: ma se il cinema di derivazione videoludica fosse sostanzialmente privo di un pubblico di riferimento? O meglio: l’opera tratta da un videogioco è ineluttabilmente destinata a fallire? Il film del debuttante assoluto Aleksander Bach è l’ennesimo esempio di un prodotto dozzinale che scontenta gli appassionati della versione originale - i quali probabilmente sarebbero delusi anche se il risultato fosse Quarto potere -, il pubblico di action di serie B - che anche in tempi di magra trova di meglio perfino nel più scalcinato degli straight-to-video, con divi anni 80 in avanzata fase di ipertrofia prostatica - e ovviamente lo spettatore occasionale, catapultato per caso o per masochismo in una storia di botte, pseudo spionaggio, effettacci e autoindulgenza realizzativa, con rimandi maldestri a Terminator e alla saga di Jason Bourne. Calma piatta e sbadigli.
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