Regia di Salvatore Vitiello vedi scheda film
Il soggetto sarebbe anche interessante e dotato di potenzialità antropologiche: una compagnia teatrale di dieci elementi, impegnata in tournée nelle zone di guerra mediorientali, è sequestrata da un nucleo terroristico dell’Esercito rivoluzionario armato. I rapitori ordinano all’emittente Channel One di mandare in onda 24 ore su 24 il reality della segregazione e di versare nelle loro tasche gli introiti ricavati dalla vendita di spazi pubblicitari. Quanto è responsabile il sistema mediale? Chi sono questi terroristi? A che livello la politica è coinvolta? Nelle mani di Vitiello, la complessità del racconto di partenza diventa ingestibile e finisce nel territorio massimalista e manicheo dei luoghi comuni italioti più triti.
I partecipanti (ignari) del reality si dividono in donnette isteriche, post adolescenti arrapati, destrorsi dalla morale razzista e omofoba (anzi, «omofobbbica») e sinistrorsi che nemmeno sotto tortura rinunciano ai loro stucchevoli e bacchettoni comizi, mentre al di qua dello schermo ci sono i cinici sfruttatori delle televisioni, i decerebrati spettatori da Grande Fratello e qualche marito che si consola tra le braccia della prima arrivata. Ognuno resta uguale alla figurina prestampata di se stesso, dalla prima all’ultima sequenza, e recita (malissimo) la sua parte in questo teatrino della presunzione sociologica dalla confezione meno che amatoriale e dalla fastidiosa morale cerchiobottista. Se Reality news esce in sala dopo tre anni dalla sua realizzazione, davvero (non) capiamo il perché.
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