Regia di Marco La Villa, Mauro La Villa vedi scheda film
Già nel sottotitolo c'è un equivoco, dato che, a mio avviso, avrebbero dovuto usare Agnelli Story: infatti, il docufilm dei fratelli gemelli Mauro e Marco La Villa, italiani d'origine ma canadesi di passaporto, analizza più il legame tra la Juventus con la famiglia Agnelli e le loro reazioni a vittorie (e sconfitte) che la storia del club in sé e per sé.
Vengono così (colpevolmente) tralasciati o appena accennati momenti storici fondamentali come la fondazione (1 novembre 1897, seconda società italiana di calcio più antica, dopo il Genoa, fondato nel 1893), il primo scudetto (1905), il primo quinquennio d'oro (dal 1931 al 1935) la prima stella (1958) e la prima coppa internazionale (la UEFA nel 1977, unica squadra della storia ad aver centrato il traguardo senza calciatori stranieri), per concentrarsi su due periodi, che sostanzialmente dividono il lungometraggio in due parti ben nette: quella che va dalla stagione 81-82, che porta in dote la seconda stella, al (tragico, sportivamente parlando) 2006, culminato con la retrocessione in serie B per le note vicende denominate 'Calciopoli' per poi passare al difficile periodo post-Calciopoli con la faticosa rinascita fino ad un nuovo e, a tutt'oggi, ininterrotto momento di grandi successi in campo nazionale, che vedono la compagine torinese rinnovare i fasti degli anni '30, con la conquista di altri cinque scudetti in serie, dal 2012 al 2016 (anche se il film termina con lo scudetto dei 102 punti del 2014).
Il lavoro dei gemelli La Villa scorre con un montaggio svelto e frenetico, mescolando con abilità filmati di repertorio di partite, brevi parentesi in cui sono usati grafici per esporre dati, che ricordano vagamente i lavori di Michael Moore, e interviste a calciatori ma soprattutto ai vari Agnelli che si sono avvicendati alla guida della Juventus, dando ampio spazio alle parole di Gianni, l'Avvocato, che commentava sempre con fervida (auto)ironia sia le vittorie sia le sconfitte (specialmente in campo europeo) ad Umberto, che assunse direttamente la guida della società in due diverse epoche (anni '50-60 e poi dal '94 al 2006) fino ai rampolli Andrea, attuale battagliero Presidente, il pittoresco Lapo Elkann e il distaccato fratello John, dall'aplomb british, a capo della Exor, che della società torinese, quotata in Borsa, ne detiene la maggioranza del pacchetto azionario.
Interessante ma da appassionato di calcio (più giocato che parlato) in prima istanza e da accanito tifoso in seconda avrei preferito 'più gol e meno chiacchiere': eventi come la tragedia (questa volta purtroppo vera) dell'Heysel da un lato e il trionfo di Roma 1996 dall'altro – tanto per rimanere in ambito di coppe europee – hanno un minutaggio inferiore di una qualsiasi intervista a Andrea o Lapo o John o del resoconto delle tragedie familiari (la morte accidentale di Edoardo, padre, tra gli altri, di Gianni ed Umberto negli anni '30, quella per malattia di Giovannino nei '90 e quella misteriosa di Edoardo nel 2000) che ciclicamente hanno colpito la numerosa dinastia piemontese.
Per contro, va sottolineato in positivo l'approccio per nulla enfatico e il più delle volte ironico alla materia da parte dei due documentaristi (forse dovuta al fatto che vivendo e lavorando in America, essi vedono il calcio e gli sport in generale prima di tutto come una forma di spettacolo, a cui è estranea la passione, che malauguratamente a volte sfocia addirittura in atti di violenza, per come il calcio è vissuto da noi), evitano di fare un santino della figura del tanto discusso Moggi (in un'intervista John afferma: ''Si era montato un po' troppo la testa''), non identificano le squadre rivali (ad eccezione dell'Inter) come dei nemici ma semplicemente degli avversari, arrivando addirittura ad elogiare la spinta innovativa introdotta da Berlusconi con l'acquisto dell'altra rivale storica, il Milan, togliendo, nel complesso quell'alone di 'sacralità' al fenomeno calcio, cosa che magari un regista italiano non avrebbe saputo (o voluto) farne a meno.
Tra i vari 'attori' comparsi la palma dei più spigliati va senza dubbio a Platini e Del Piero.
Un'opera che, tenendo conto di pro e contro, è da consigliare esclusivamente ai 'malati di Juve'.
Voto: 7.
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