Regia di Roan Johnson vedi scheda film
Pisa, oggi: una casa di studenti inevitabilmente fuoricorso. Cioni è affettuoso, guascone e disadattato, Vincenzo, invece, laureato in vulcanologia, ha un’offerta di lavoro in Islanda che vale la fine del rapporto con Francesca. Ilaria è incinta del solito idiota e Andrea non ingrana con la recitazione perché pensa a Marta, o forse perché non ha il talento. Le feste, le sbornie, il cameratismo, il sesso occasionale, i litigi, il frigo vuoto con la muffa, la pasta bianca, i progetti, la noia e un certo malessere esistenziale. Tutto in condivisione per gli ultimi giorni, in attesa dell’abbandono della casa: un rito di passaggio per il definitivo ingresso nel mondo adulto. Che in Italia è un’ipotesi. Raccontato così, Fino a qui tutto bene, mette paura e richiama maldestri scenari generazionali, quadretti sociologici da nazione piccola piccola. E invece l’angloitaliano Johnson, dopo il buon esordio I primi della lista, conferma il suo sguardo fresco e gentile, scavalca la retorica e abbraccia i limiti dei suoi personaggi, li rende vivi. Un ritratto essenziale, privo di grandi ambizioni, con idee semplici ma chiare, un po’ di candore e molto amore per i suoi interpreti. Che ricambiano: mica facile vedere in Italia attori che sembrano veri, non strillano, non eccedono, non appaiono la controfigura artefatta dell’uomo della strada (da molto tempo già di suo in debito di ossigeno narrativo). Con anche un bel finale sospeso. Sì, fino a qui tutto bene.
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