Regia di Don Siegel vedi scheda film
Spy story secca, a tutto ritmo e a tratti inquietante, diretta dal sempre pimpante Don Siegel. Certo non siamo all'altezza dei suoi più celebri capolavori, ma di fronte agli action rumorosi, stupidi e infantili che tanto piacciono oggi, questo Siegel minore è un vero spasso, tanto è coinvolgente, appassionante, teso e sorprendente. Basterebbe la violenta resa dei conti finale con il gioco di sguardi tra il maggiore Bronson e l'anziano agente del Kgb Donald Pleasance, fanatico stalinista, pronto a risvegliare dal "sonno" con una telefonata ex agenti russi, ora perfettamente inseriti nella società americana, ma in passato addestrati per colpire obiettivi strategici americani, in vista di un'ipotetica guerra nucleare, per fare di "Telefon" un classico del genere, una volta tanto dalla trama semplice e scorrevole (troppo spesso le spy story sono incomprensibili, ingarbugliate o estremamente pasticciate ed inverosimili), merito anche della sceneggiatura stringata ed efficace, opera tra l'altro di Peter Hyams. Siegel, come nel suo stile, alleggerisce l'altissima tensione con tocchi di ironia, si concede piacevoli e per lui inedite parentesi romantiche, culminanti nell'inevitabile lieto fine, regala a Charles Bronson uno dei ruoli più riusciti della sua carriera, ma soprattutto offre uno spaccato del mondo delle spie amaro, lucido e disilluso, dove tutti sono pronti a tradire tutti, dove non c'è spazio per l'amicizia, dove dominano doppi giochi, ricatti, menzogne, inganni. E l'idea di questi agenti russi inconsapevoli e ipnotizzati, pronti ad essere "riattivati" non appena ascoltano i versi del poeta Robert Frost, sacrificandosi per la causa nazionale pur di colpire il nemico, angoscia e disturba richiamando alla mente inquietanti scenari odierni. Bella e glaciale Lee Remick, piccolo ruolo per Tyne Daly, già a fianco di Clint Eastwood in un episodio della serie Callaghan, ma soprattutto protagonista della celebre ed amata serie "New York New York".
Voto: 7+
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