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Il tè nel deserto

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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La recensione su Il tè nel deserto

di steno79
8 stelle

Questo film appartiene al periodo "kolossal" di Bertolucci ed ha avuto accoglienze contrastanti da parte della critica, decisamente meno positive rispetto al precedente L'ultimo imperatore che aveva trionfato agli Oscar e aveva riscosso un grande successo in tutto il mondo. Personalmente lo trovo un film stimolante e intenso, un adattamento di un celebre romanzo di Paul Bowles che può contare su pregi non indifferenti come la capacità di Bertolucci di riprendere il paesaggio africano e, in diverse sequenze, integrarlo perfettamente alla vicenda narrata, in questo aiutato dalla fotografia come al solito eccellente del fido collaboratore Vittorio Storaro. Però, se la parte visiva è assai seducente per l'occhio, a livello di sceneggiatura si avvertono alcuni squilibri: in più occasioni si ha l'impressione di un eccesso di letterarietà, di dialoghi un pò troppo artificiosi, di alcune forzature nella rappresentazione del malessere esistenziale dei personaggi (le scene della malattia di Port sono troppo sottolineate, sarebbe stato preferibile un approccio più sobrio anche nella scena-clou del tentato amplesso fra i coniugi in mezzo alle dune del deserto, dove lo scambio di battute essenzialmente letterarie fra i due personaggi viene a cozzare con la magnificenza dell'ambientazione). Nella parte in cui Kit si perde nel deserto e viene raccolta da un nomade che la fa entrare nel proprio harem, Bertolucci riprende il controllo della situazione e il film riesce

ad incantare anche grazie al connubio fra le immagini e le belle musiche di Ryuichi Sakamoto, ma nel complesso resta leggermente inferiore rispetto ai suoi capolavori più celebrati. Certamente da mettere all'attivo sono le interpretazioni di Debra Winger e John Malkovich: la prima soprattutto risulta intensa e macerata come vuole la parte e dà una delle sue migliori prove, mentre Malkovich è generalmente bravo ed espressivo, ma troppo caricato nelle citate scene della malattia; Campbell Scott si fa apprezzare più per la sua bellezza che non per un effettivo talento, ma sa rendere abbastanza efficacemente la fatuità del suo personaggio, così come Jill Bennett e Timothy Spall sono bravi nel rendere la sgradevolezza di una coppia madre-figlio al di fuori del comune. Infine una curiosità: ho notato che nelle scene verso l'inizio in cui Malkovich si reca da una prostituta africana, quest'ultima lo bacia più volte appassionatamente sulla bocca. Ma davvero le meretrici africane erano così generose con i loro clienti? (in Europa una cosa del genere non sarebbe mai successa).

VOTO 8/10

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