Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Il colore di Martin Scorsese assume qui il tono agrodolce di un fiore di palude, della vita giovane che affonda le radici nel melmoso stagno della morte. La notte di New York svende il suo romanticismo in cambio delle finte lune delle insegne al neon, a bordo di un taxi che corre in un funesto labirinto di depravazione, alla ricerca di torbide emozioni. Il mondo underground è un oceano ripugnante in cui si sguazza o si affonda, perché è impossibile attraversarlo in apnea, nella speranza di uscirne indenni. Travis Bickle non può chiudere gli occhi sul marciume, perché soffre di insonnia, né può trattenere il respiro, per non inalarne i miasmi, perché i suoi clienti, seduti sul sedile posteriore, continuano a soffiare, sul suo collo, la scia del loro alito pestifero. La sua repentina metamorfosi in giustiziere armato è come il guizzo chimico che salva da un ammorbante languore; Travis Bickle diventa una macchina da guerra che, con il ferro delle sue pistole, taglia e brucia via gli agenti infestanti dal tessuto urbano. Il suo intervento è come la brutale incursione di un action movie di cassetta nel leggendario regno del noir d’autore; è la crudele, metallica, sanguinolenta eutanasia di un genere cinematografico che, nella Grande Mela, ha perso ogni poesia e deposto ogni dignità. Scorsese mette in scena la reazione estrema che può essere scatenata dal disgusto per la degenerazione morale dilagante, che riduce i bisogni umani a merce venduta per le strade, sotto forma di droga e amori mercenari, ma anche nella confezione patinata in cui i politicanti a caccia di voti impacchettano, in comizi, volantini e cartelloni, i sogni irraggiungibili della gente comune. Il mondo migliore è una fantasia utopica, che la società moderna coltiva come una consolatoria allucinazione. In questo imbelle incantamento collettivo, Travis Bickle è l’unico che ha la temerarietà di percorrere la sola strada, proibita e innominabile, che può portare all’immediata realizzazione di ciò che tutti gli altri stanno fermi ad aspettare. Egli uccide, senza pietà, per tutelare l’innocenza, e il suo feroce odio assassino è del tipo che suscita l’amore e la gratitudine. La sinistra saga di Taxi Driver si chiude su questo atroce paradosso: una provocazione rubata dalle nicchie dei nostri istinti inconfessabili, dove segretamente adoriamo gli idoli della vendetta. Travis Bickle esaudisce le nostre infernali preghiere, le porta alla luce, e le trasforma in un grido: il rumore dei suoi spari è la voce della peggiore delle tragedie dell’anima, perché molto più devastante del trionfo del male è, senza alcun dubbio, la disperazione del bene.
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