Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Squilibrato, folle, pistolero, sociopatico, nevrotico, disturbato, violento, mitomane e alienato; tutti epiteti associati dai vari personaggi che entrano in relazione con Travis Bickle (Robert De Niro), ex marine reduce del Vietnam, ora conducente di taxi nel turno di notte, a causa della sua insonnia perenne.
Tutte definizioni parziali date al protagonista di "Taxi Driver" (1976), in quanto ottenebrate dal filtro superficiale dei loro sguardi nei confronti di un personaggio, che invece osserva immersivamente, nella sua “ronda serale”, la giungla cementizia di New York, assieme alla sua multiforme “fauna” notturna, che assume contorni indefiniti ed immateriali, derivanti dalle luci artificiali sfocate.
L’illuminazione iper-realista di Michael Chapman, con quei colori verdi, rossi e gialli, non portano alcuna chiarezza, semmai assumono i sinistri contorni delle fiamme infernali, nell’atto di portare una luce artificiosa, in una New York mai rappresentata in modo così tossico, cupa e degradante.
Identico palcoscenico, che dal giorno alla notte, viene calcato diversi tipi di umanità agli antipodi tra loro, osservate continuamente dall’insonne protagonista nel proprio taxi, mentre trasporta qua e là i propri passeggeri, quando in realtà il suo è un errare senza meta e senza scopo. La sceneggiatura di Paul Schrader – tra le più grandi di tutta la storia del cinema –, scava con insolita profondità destabilizzante, nella condiazione intrapsichica di Travis Bickle, tramite l’espediente del diario che scrive, tra le cui pagine emerge una vita grama, condotta tra un appartamento squallido e le sale cinematografiche proiettanti film porno, che danno sfogo ai pensieri più disparati (spappolamento della carne, ovulazione, spermatozoi, sesso etc…).
I suoi disturbi mentali, si acuiscono sempre più, a causa dell’insensatezza della vita che conduce, mentre è alla ricerca di una normalità, in una società che lo respinge ai margini, dopo averlo sfruttato nella guerra in Vietnam, per poi ignorarne le problematiche di reduce.
Continuamente fisso con il suo sguardo, sempre più focalizzato nei vuoti quotidiani, la luce a lungo cercata, assume i connotati del vestito bianco, indossato dalla giovane e seducente bionda Betsy (Cybill Shepherd), impiegata nello staff del senatore Charles Palantine (Leonard Harris), in odore di candidatura alla presidenza, che promette grandi cambiamenti.
I normali non possono capire una personalità lacerata come la sua, percependolo come un individuo “wired” tutt’al più, prima di allontanarsene definitivamente, facendo sì che Travis si autoconvinca, nella sua solitudine alienante, di essere un profeta messianico, destinato a spazzare via, in stile diluvio universale, il marcio, la corruzione ed il crimine presenti nella città.
La maggior parte dei personaggi “normali”, che interagiscono con il protagonista, dicono belle parole in forma corretta; su tutti lo slogan dal contenuto vagamente populista “Noi siamo il popolo”, pronunciato dal senatore. Frase-spot, capace di significare tutto e niente allo stesso tempo, nonché ennesimo inganno perpetrato dai rappresentanti del potere nei confronti della massa, ma tanto basta per infiammare i tanti sostenitori, che affollano i comizi di Palantine.
Una personificazione istituzionale del sistema politico, tutta apparenza superficiale, ma dalla sostanza inesistente, venendo così identificato da Travis, come causa principale dei problemi presenti nella città, in quanto simbolo dell’ipocrisia sociale, che vive proprio di quei mali sofferti e osservati dal protagonista.
Se Palantine ha una cultura “alta”, che gli consente di esprimersi in modo che tutti possano comprenderlo, Travis invece è vittima di un malessere esistenziale, di ignota origine e dalla problematica risoluzione, tanto che nei discorsi con i suoi colleghi di lavoro al bar, non riesce ad esternare un pensiero articolato, che possa concretizzarsi in parole compiute, in modo che l’altro possa capirlo.
Il protagonista è una figura destinata ad essere inascoltata dal prossimo, - Palantine, Betsy e la piccola Iris (Jodie Forster), prostituta dodicenne (tredici nell’adattamento italiano per ignoti motivi) -, la cui crudezza materiale, emerge grazie allo stile virtuoso, ma intrinsecamente “malato” - derivante dalle immagini catturate dalla regia di Martin Scorsese (con tanto di piccola parte nei panni di un passeggero) -, contribuiscono a far dialogare Travis con lo spettatore, tramite i suoi sguardi costanti rivolti nello specchietto anteriore del taxi, continuamente ripresi dalla macchina da presa, che lascia grande spazio all’estro interpretativo di un Robert De Niro, ai suoi massimi livelli.
L’attore si immerge nelle profondità di una discesa in una follia straniante ed alienata, tramite uno stato catatonico, dove una compressa che si scioglie nell’acqua (come un acido che corrode un solido), assume maggiore interesse, rispetto ad una qualsiasi altra relazione interpersonale, compiendo così la scelta di volersi immolare in un “crepuscolo degli dei suicida”, tramite un climax finale, dalla fortissima sgradevolezza, nel tratteggiare una violenza terrificante, ma mai esplosiva. Semmai sofferentemente nevrotica, nelle ossessive percussioni rimbombanti, della colonna sonora di Bernard Herrmann, al suo ultimo lavoro (il film verrà dedicato alla sua memoria).
Cinico e beffardo nelle conclusioni, il malessere esistenziale di un reduce viene fatto esempio positivo di una nazione americana, alla ricerca ossessiva di nuovi eroi da celebrare, incuranti delle loro condizioni psico-mentali, l’importante è averla indirizzata nei confronti di altri “outsiders” sgradevoli; ciò al potere tanto basta per essere tranquillo e trovarlo perfino interessante.
Taxi Driver è un classico che ha sempre da dire in ogni luogo e tempo. Le sensazioni viscerali, in grado di regalare questo capolavoro della storia del cinema, ne fanno una pellicola da revisionare continuamente, in quanto stra-colma di una pluralità di significati, che dopo quasi 50 anni, non accennano a diminuire.
Le critiche confuse dell’epoca, non vennero tacitate neanche dalla prestigiosa Palma d’oro a Cannes, che contribuì a lanciare il giovane Scorsese nell’olimpo dei grandi, assieme ad un Robert De Niro, divenuto icona di tutti coloro che si sentono “contro”, che nel 1976, tributarono un grande successo ai botteghini, per un’opera divenuta immortale.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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