Regia di Joon-ik Lee vedi scheda film
Basato su uno straziante ed efferato episodio di cronaca del 2008, “Hope” di Lee Joon-ik parla dell’ingiustizia cui andò incontro una giovane coppia sudcoreana della classe media. La figlia di otto anni (So-won nell'adattamento originale, e non a caso il nome è tradotto in inglese come "Hope", “speranza”) venne brutalmente percossa e violentata da un uomo alcolizzato di mezza età. Nonostante le conseguenze furono devastanti e fisicamente irrimediabili (oltre ai danni psicologici, la piccola ebbe un intervento chirurgico di colostomia che le avrebbe permesso di evacuare, esclusivamente, per mezzo di una sacca esterna), gli esiti giuridici del colpevole si rivelarono molto deludenti, lasciando quel triangolo domestico in una situazione emotivamente lacerante.
Scrutando la lancinante opera di Joon-ik si ravvisano tutte le più eterogenee emozioni umane: da un'iniziale circostanza di tranquillità e torpore si passa a sensazioni di shock, rabbia, tristezza, tenerezza, frustrazione. La cifra stilistica dell’autore si mantiene in una direzione di proverbiale abilità, orientata a tessere persuasivamente (con dosi ponderate di componenti drammatiche, esenti da scialbi trucchetti mélo) la disperata, sulfurea vicenda. Quell’atto vile, incredibilmente mostruoso e vigliacco, esercitato sulla fanciulla, sconvolge totalmente la salomonica condotta di un operaio e una modesta bottegaia, i quali, per via degli impegni dovuti alla gravidanza della moglie e i turni notturni della consorte, inciampano verso un perfido destino, scalfito dall’asfittico schematismo di una quotidianità incardinata in una routine condensata da sinottiche abitudini, a causa delle quali, non potendosi prendere le giuste attenzioni di Hope, sono stati costretti a caricarsi di un fardello che segnerà indelebilmente le loro esistenze. L'unico auspicio di una possibile ripresa risiede nell’adesione di una sagace analista dal tormentoso passato (Kim Hae-sook, grandiosa), propensa ad un metodo terapeutico mirato a distrarre la vittima con l’allestimento di piccoli spettacoli in cui i ballerini indossano i costumi del suo cartone animato preferito. Il graduale, paziente intervento di questi “angeli custodi” ristabilisce progressivamente Hope dalla tragica condizione, consentendole di ritrovare la spensieratezza, la felicità e la relativa serenità che le erano state negate in seguito alla veemente sciagura. Si entra così in una nuova fase di “rinascita”, dove il dolore e la costernazione si stemperano in un luminoso, pacifico orizzonte.
Una fotografia ardente, pregnante nell'effigiare i caustici patemi. Dei motivi musicali magnifici (eseguiti da Bang Jun-seok), convenienti a suggellare un pathos autentico, inossidabile. Gli straordinari interpreti: Sol Kyung-gu, Uhm Ji-won e Lee Re; capaci di rendere palpabili, con brillanti, naturali doti attoriali, le meste, tribolate afflizioni. E infine uno script durissimo, penetrante, ed una regia fertile, ma garbata, fanno di “So-won” uno dei film più coraggiosi e struggenti degli ultimi tempi.
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