Regia di Vincenzo Marra vedi scheda film
Marco (Scamarcio) è un padre affettuoso e premuroso, oltre che un marito accorto. Fa l'avvocato e vive a Bari con Martina (Ramirez), che è di origine cilena. I due hanno un figlio, Mateo (Pezzolla), di sette anni. Martina è insofferente a quella città e vorrebbe tornare nel paese natale portando Mateo con sé. Ma ci vuole il nulla osta del padre, che è di tutt'altro avviso. Così la donna sparisce ugualmente senza farsi alcuno scrupolo. A Marco, dopo avere tentato la via dell'ambasciata, non rimane che andare sul posto e affidare la ricerca a un detective privato (Goic), prima di infognarsi in quel ginepraio della giustizia cilena.
Scamarcio interpreta con sensibilità e ricchezza di sfumature il padre che in molti vorremmo avere, assistito da una regia sorvegliata che inevitabilmente calca troppo sul teorema della colpa della madre. Difficile dunque resistere alla tentazione di una virulenta misoginia, quando al cinema ti viene squadernato davanti un personaggio così abominevole come quello di Martina. Fin dal principio non si capiscono le ragioni della donna, se non in maniera del tutto generica legate a un possibile nostos, né è chiara la ragione della sua acrimonia nei confronti del marito. Si capisce invece perché Vincenzo Marra - già autore di opere pregevoli come Vento di terra, Tornando a casa, L'ora di punta e Il gemello - abbia firmato un film così sbilanciato, eppure sincero, toccante, pieno di umanità e mai retorico: è la storia che lo stesso Marra ha vissuto sulla sua pelle. Ma il vero imputato del film sembra essere il farraginoso sistema della giustizia internazionale, che tutela assai più le madri rispetto ai padri.
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