Regia di Andrew Niccol vedi scheda film
La lotta al terrorismo ai tempi della X-Box nel film di guerra (da camera) del neozelandese Niccol è il succedaneo di una virtualizzazione del conflitto che sembra spersonalizzare i suoi belligeranti protagonisti e disinnescare il potenziale di orrore e di morte che ogni guerra porta inevitabilmente con sè.
Già reduce da sei scenari di guerra, ex pilota di caccia americano viene reimpiegato nella guida di droni che l'aereonautica utilizza in remoto per bombardare obiettivi sensibili nel teatro del conflitto afgano. Combattuto tra le difficili scelte etiche che deve prendere quotidianamente ed una relazione coniugale che si sta inesorabilmente logorando, la sua crisi umana e professionale sembra coincidere con quella di una guerra che diventa ogni giorno più assurda ed insensata.
La lotta al terrorismo ai tempi della X-Box nel film di guerra (da camera) del neozelandese Niccol è il succedaneo di una virtualizzazione del conflitto che sembra spersonalizzare i suoi belligeranti protagonisti e disinnescare il potenziale di orrore e di morte che ogni guerra porta inevitabilmente con sè. Se il soggetto non fa una piega, ma finisce addirittura per introdurre rinnovati spunti di riflessione sul confine etico di una lotta al terrore a colpi di joystick e sulla trasformazione antropologica del mestiere del soldato (pardon, dell'aviere), la soluzione ai molteplici interrogativi che inevitabilmente pone finisce per risolversi nell'inevitabile accettazione di un dovere professionale che nessun tribunale internazionale si sognerà mai di mettere sotto inchiesta e nelle prevedibili paternali ad alto tasso di retorica propinate all'inzio ed alla fine di ogni briefing di missione. Insomma, la guerra ridotta a mero intrattenimento videoludico diventa l'inconsapevole dichiarazione di colpevolezza di una nazione nell'impietosa sinossi tra il mantenimento di uno sfolgorante Eden di luci e di benessere e le casupole di un miserrimo medioevo dall'altra parte del mondo da radere al suolo senza pietà; il ridicolo involontario di una propaganda autoassolutoria dove la figura dell'antieroe di turno (un Ethan Hawke ormai decotto) viene derubricata a quella di un mesto impiegato costretto a timbrare il cartellino ed a completare la triste routine di fatali regole di ingaggio che il boia non può e non deve mai mettere in discussione. Costruito sul doppio binario drammaturgico di un dovere professionale alienate da svolgere nel chiuso di grigi container di morte ed un dovere coniugale sempre più difficile da esercitare nel lindore posticcio di villette a schiera ricavate nel buco del culo del deserto del Nevada (in realtà Nuovo Messico), questo novello Truman da sparatutto in prima persona è un povero cristo che non riesce a sottrarsi nè all'uno (richiesta di ritorno al fronte) nè all'altro (signora in lingerie che lo cavalca all'impazzata), rivelando la frustrazione di una paese in crisi irreversibile che lotta per difendere un sogno americano ad alta gradazione alcolica e che si ostina ad esportare un ideale di democrazia che non funziona neanche in patria. Roba da farsi quattro risate se non fosse per l'estenuante durata di un film (104 minuti sì, ma interminabili!) dove l'azione latita e la riflessione ammorba. Scenograficamente schematico, con belle scene in esterni che contestualizzano solo la triste spola casa-lavoro, e dialetticamente scontato ("forse mi viene la sindrome del tunnel carpale o mi rovescio il caffè; la cosa più pericolosa che faccio è tornare a casa in autostrada"), abbozza il coraggio di una rivalsa etica femminista ed interrazziale (lei è carina e ci stà, ma lui finge di non capire) ma la fa annegare nel sano cameratismo di una cultura misogina e reazionaria. Presentato alla 71ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia presieduta da Alexander Desplat, autore delle musiche di un altro polpettone degli antipodi in concorso quest'anno. Non per entrare nel merito del motore...
Oltre le nuvole, oltre le nuvole,
o se possibile ancora una vita più in là,
con questa notte ai miei piedi,
più nera e più buia a vederla da qua,
ma un giorno il giorno tornerà.
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