Regia di Brad Bird vedi scheda film
Da budget faraonici, tanto più se messi al servizio di nomi altisonanti, derivano aspettative enormi. Nel caso di Tomorrowland si parla di circa 200 milioni di dollari d’investimento, uno sceneggiatore affermato come Damon Lindelof (in televisione Lost e Leftovers – Svaniti nel nulla, al cinema Prometheus, Star Trek into darkness) e un regista del calibro di Brad Bird, che ha realizzato alcuni dei migliori titoli di casa Pixar (Gli incredibili e Ratatouille).
Nonostante le grandi potenzialità, Tomorrowland non ha saputo agguantare i desiderata del pubblico, più per suoi demeriti che per l’incapacità dello spettatore di captarne il sentore, altamente affascinante ma anche troppo morigerato e contrastato nella costruzione.
Il destino, forzato dalla perenne bambina Athena (Rafie Cassidy), mette sulla stessa strada l’adolescente Casey Newton (Britt Robertson), dotata di significative capacità scientifiche, e l’ormai rassegnato Frank Walker (George Clooney).
La vita così come la conosciamo sembra avere le ore contate e l’unico modo per evitare una catastrofe senza ritorno risiede a Tomorrowland, una dimensione spazio-temporale parallela, governata da David Nix (Hugh Laurie).
L’improvvisato team ha pochissimo tempo per cambiare il corso degli eventi.
«L’immaginazione è più importante della conoscenza» (Albert Einstein). Aggiungerei che la potenza è nulla senza controllo o, al contrario, quando quest’ultimo sovrasta tutto il resto.
Polarizzata da prodotti d’animazione di enorme successo, il Marvel Cinematic Universe e l’annuale appuntamento con un nuovo capitolo di Star Wars, tra sequel e spin-off, la Disney raramente azzarda altre grosse produzioni. Con ogni probabilità, Tomorrowland è il loro progetto più ambizioso dell’ultima decade, almeno tra quelli indipendenti dai succitati campi produttivi.
L’opera diretta da Brad Bird, decisamente più in zona Gli Incredibili che al calore espansivo di Ratatouille, è un’avventura giocosa formato ragazzino, con più clamore che finalizzata meraviglia.
Ossia, crea un nuovo orizzonte fantastico di pregevole fattura, con una messa in scena da urlo (soprattutto quando combina le dimensioni nella stessa sequenza), ne offre svariati assaggi, ma poi paventa troppi limiti.
Tanto per cominciare, ritarda oltremodo l’effettiva partenza, avendo i primi cinquanta minuti pressoché sguarniti e anche quando comincia a ragionare sul serio, trova il grip solo a sprazzi.
Infatti, la costruzione procede a intermittenza, si avvale di un brillante comparto di gadget tecnologici (l’anima geek pensava evidentemente a una catena di merchandising che lo scarso successo del film non credo abbia effettivamente agevolato), di qualche frangente gustoso, come l’attacco alla casa di Frank, e regala lodevoli scorci di futuro, creando un insieme simil parco giochi in movimento.
Purtroppo, intorno a queste opportunità, la trama tende a vacillare, con una composizione inizialmente pigra e, peggio ancora, una parte conclusiva tutt’altro che trascinante.
Seguendo questi principi contraddittori, anche il cast presenta luci e ombre: George Clooney, principalmente rivolto alla fase da commedia, non è l’Harrison Ford dei bei tempi (andati), Britt Robertson sembra una Jennifer Lawrence depotenziata (comunque sia, è dignitosa), la giovanissima Rafie Cassidy ha una bella faccia di bronzo e lascia il segno, mentre le note dolenti sopraggiungono da Hugh Laurie. L’ex Dr. House continua a non riconquistare la gloria sul grande schermo, questa volta per colpa principalmente altrui, visto che il suo personaggio negativo non lascia segno alcuno, rivelandosi inconsistente.
Il medesimo rischio è attribuibile al film nella sua globalità che, al di là del fascino tecnologico e di un messaggio consono (siamo irrimediabilmente votati all’autodistruzione della nostra specie, ma vale ancora la pena di credere nel cambiamento), presenta troppe limitazioni per sfondare, soffrendo di una resa che manca di un ultimo grande acuto tale da fare la differenza, ma anche di una reale solidità e di volti da eleggere a nuove icone.
Quindi, quello che sulla carta era un grande sogno, diventa un cavallo zoppicante, cui lo spirito forzatamente conciliante e ottimista di casa Disney non ha giovato affatto.
Seducente, peccato che tale fertilità sia rimasta in buona parte inespressa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta