Regia di Marco Pontecorvo vedi scheda film
Crisi economica per la cooperativa che a Sant’Ugo, Marche, produce divani: tanto che s’investe sui biglietti della lotteria, pagando la cosiddetta tassa sulla stupidità, per cercar di non tagliare il personale. Al limite si riducon gli stipendi. Poi la fortuna aiuta i compagni: a seguito di un piccolo reato antiecologico da arte di arrangiarsi, trovano nientepopodimenoche il petrolio. Timidi e audaci alla voce imprenditoria si scontrano. E due amici fraterni, colonne della coop, si trovan volenti o nolenti su barricate opposte, mentre gli ideali s’appiccicano per conformismo, gli slogan fraintendono la realtà, l’impresa s’approccia alla politica e s’inaugurano la commedia degli equivoci e la sagra del trasformismo italiota. Il tempo è instabile, in questo bailamme, e le probabili schiarite sono quelle di un futuro incarnato dai figli, che svecchiano gli schemi di pensiero dei padri (e rielaborano il reale di provincia in sognanti inserti manga in cui s’inciampa nel dialetto). Pontecorvo, figlio di e con curriculum da ottimo direttore della fotografia, gira una commedia generosissima e scostante, con stereotipi giocosi, che riflette con leggiadria su certi crucci della sinistra che non c’è e su vizi e vezzi del Belpaese, in una via pressoché Emilia che si fa improbabile West. Ancorato al teatro d’attore, con incedere televisivo e tratto che sposa la facile caricatura sociale, si scioglie con tono fiabesco e autoassolutorio: è tenero quanto innocuo. Rimandato.
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