Con ciclica frequenza il cinema italiano torna ad occuparsi degli ideali e delle utopie sessantottine per fare il punto su quanto resta del "grande sogno". Un interesse che, nel caso di Marco Pontecorvo, assume valenze psicanalitiche, se è vero che il periodo in questione è lo stesso in cui visse e trovò applicazione il talento del suo famoso genitore. Invero pensiamo sia questo il motivo del cambio di passo che ha spinto il regista romano ad abbondare il realismo impegnato di “Pa-Ra-Da” a favore del surrealismo comico e un po’ fiabesco di “Tempo instabile con probabili schiarite”, storia di due amici d’infanzia che si ritrovano uno contro l'altro a causa del giacimento petrolifero scoperto nella loro cooperativa. Ermanno vorrebbe rinunciare allo sfruttamento di quel tesoro per salvaguardare il bene dell'ambiente, Giacomo invece, ricavarne i soldi per ripianare i debiti dell'azienda e vivere felice. Un conflitto di personalità che si trasforma quasi subito in un confronto di ideologie - il comunismo proletario e militante del primo opposto alle mire capitalistiche e borghesi del secondo - sotteso ad allargare il discorso alla natura politico e sociale del nostro paese, "miniaturizzato" nel presepe di personaggi e avvenimenti della cittadina marchigiana che da i natali alla storia.
Allineato alle caratteristiche tipiche della commedia nostrana (decentramento periferico, coralità di personaggi, attori provenienti dalla televisione) "Tempo instabile con probabili schiarite" si distingue nella ricerca di un'universalità atipica, soprattutto per gli inserti che, nello stile dei manga giapponesi, fanno da commento agli avvenimenti della storia, trasferendo i personaggi in carne e ossa nel bel mezzo di avventure extragalattiche. E poi per la patina di malinconica dolcezza, con cui Pontecorvo guarda ai suoi stranulati personaggi, soprattuttto a quello del "candido" Ermanno, sotto la quale sembra di riconoscere la tenerezza di un figlio (Marco) verso un padre (Gillo) che non c'è più. E per restare in tema, e continuando a parlare di figure putative, non c'è dubbio che il primo cinema di Lucchetti costituisca il riferimento cinematografico del nostro film. Come pure John Turturro, già protagonista della prima regia di Pontecorvo (il corto ore 2: calma piatta), qui arruolato nelle vesti "cameo" di un improbabile ingegnere minerario.
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