Regia di Alessandro Siani vedi scheda film
Film da gustare (mi si perdoni l'eufemismo) con birra gelata e frittatone di derivazione fantozziana (necessario del resto un diversivo alla visione); auspicabile anche l'accompagnamento del rutto libero, ovviamente non in funzione digestiva, bensì quale imperativo categorico kantiano di fronte al gusto ed alla decenza fatti a fettine.
Visto da me in compagnia di minorenni, per stringenti obblighi personali, Si accettano miracoli non piace nemmeno agli under 10, capaci di sgamare la zuccherosa falsità di un attore che è il tipico prodotto medio(cre) di una fabbrica di stelle dal ricambio troppo facile.
Ciò che di Siani davvero infastidisce non è tanto l’esilità delle storielle che mette in piedi e che dirige con innocua giulebbosità. Trattasi pur sempre di prodotti per pubblico di bocca buona e che, quindi, rispetto al target di riferimento, risultano abbastanza indiscutibili, meritandosi almeno una generosa sospensione del giudizio.
Il problema è che il nostro pretende di organizzare un discorso parafilosofico (ma che di para ha ben altro), infarcendolo di rimandi e strizzatine d’occhio ad un buonismo da inizio secolo scorso, in cui la divisione manichea dei personaggi risalta sin dalle primissime inquadrature, in cui il lietissimo fine è scontato come il torrone di Natale, e in cui gli eroi buoni giovani e belli, ma poveri, sono destinati a vincere le avversità di una vita sempre troppo agra ed a trionfare in un tripudio di (finta) commozione, nemmeno fossimo in una allucinata parodia di Charles Dickens.
Siani deve sentirsi la reincarnazione patchwork di Massimo Troisi, e fa di tutto per avvicinarsi al suo modello di riferimento. Finalità degna di rispetto, ma dalle prospettive di naufragio diremmo ontologiche. Le battute non fanno ridere, i giochi di parole solleticano una lancinante nostalgia di Bombolo, gli attori sono bistrattati come fossero inermi figurine di cartongesso.
Se la ride soltanto Troisi, con una alzata di spalle di (stavolta vero) buonismo.
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