Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
C’è una strada diversa nel cinema italiano per raccontare la crisi di una generazione. L’aveva già indicata intelligentemente Smetto quando voglio. E le tracce di quell’anomalo e attraente realismo allucinato, che scivola in derive fantastiche, segnano Noi e la Giulia, ulteriore processo di maturazione di Edoardo Leo come regista dopo i già convincenti Diciotto anni dopo e Buongiorno papà. Tratto dal libro Giulia 1300 e altri miracoli di Fabio Bartolomei, il film vede protagonisti tre quarantenni insoddisfatti delle loro esistenze, uniti nell’impresa di aprire un agriturismo. A loro si uniscono un cinquantenne invasato e una ragazza incinta fuori di testa. Pur essendo minacciati dalla camorra, decidono di non stare al suo gioco. Un cinema della terra, come quello del miglior Rubini regista, con la trovata della macchina sepolta e dell’autoradio che funziona ancora. La continua alternanza tra illusione e fallimento richiama invece Adua e le compagne di Pietrangeli, forse l’unica traccia di un cinema che finalmente non spaccia i suoi punti di riferimento, che sa scivolare dalla comicità all’amarezza con un istinto naturale e non calcolato, dove le battute sembrano sottovoce ma poi risultano fulminanti, come quella esilarante di Giuseppe Verdi connesso a un coro da stadio della Roma. Leo fa le cose semplici, ma le fa bene. È capace di tirare fuori il meglio dai suoi attori senza snaturarli. E Anna Foglietta è una specie di angelo sceso dal cielo.
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