Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
Un giorno ti capita di leggere un nuovo autore italiano, FabioBartolomei, e il suo Giulia 1300 e altri miracoli.
E rimani favorevolmente impressionato dalla freschezza e dall'originalità, dalla capacità di descrivere microcosmi diversi in rotta di collisione oppure capaci di generare nuovi vortici di solidarietà.
Qualche anno dopo scopri che uno dei tuoi attori/registi italiani che hai imparato ad apprezzare da tempo, ha preso in mano la sceneggiatura di quel libro e vuole farci un film.
Inutile nascondere che quel connubio ti sa di miscela esplosiva, sai benissimo che Edoardo Leo potrebbe prendersi per se la parte del protagonista disorientato dalla vita, ma non vuole strafare, ha già una regia e una mezza sceneggiatura da curare, da spremere; personaggi tutti al limite da far incontrare e coesistere, e ci riesce con indubbia maestria.
Si ritaglia la macchietta del film e ci fa ridere senza ritegno. Spreme il succo più denso dalle pagine di Bartolomei e disegna, anche stilizzando, personaggi e situazioni in curiosa ed elegante metrica cinematografica: col “sociale” che fa capolino, la storia d'amore a margine, le motivazioni di una generazione che gioca al “piccolo camorrista” perché nessuno offre alternative, l'immigrazione da integrare, il lavoro da inventare e difendere poi.
Chi ha amato il libro assiste a questo veloce rewind di sensazioni che ha coltivato pagina per pagina e si spiazza vagamente: come un camorrista scafato al quale ci si rifiuta di pagare il pizzo; ma poi si adegua al ritmo indiavolato che Leo imprime, piazzando perle di saggezza bartolomeiana quando meno te lo aspetti, calcando su esatti tormentoni, tempi comici e tagli di camera virtuosi, affidandosi il ruolo di metronomo per far sì che la commedia si contamini di tragedia e viceversa.
Qualcosa andava sacrificato e l'affezionato lettore avverte la sfrondatura, l'esaltazione dello stereotipo e la minimizzazione degli schemi, ma si fa piacevolmente fagocitare dalla verve di Leo sia in regia che come protagonista. Il nostro eclettico, anziché riservarsi serenamente la parte dell'incompiuto Diego, si defila (si fa per dire) come macchietta comica perfettamente integrata, come il resto del collage di interpreti che se la cavano tutti al meglio incastrandosi e sostenendosi con estrema duttilità, da Fresi ad Amendola, passando per un Argentero in palla e una dolcissima Anna Foglietta incinta per davvero.
Illustrare la conversione del camorrista alla giusta causa, del resto, poteva apparire improbo negli spazi stritolanti di una trasposizione filmica, ma Leo distilla al meglio questo work in progress di complicità sottintese, questa rivalutazione dell'amor proprio, dell'utilità di un ideale, del riscatto sociale
Cogliamo questo “pareggio fuori casa con la camorra” come una bella vittoria perché, al contrario di come si narra dei nostri protagonisti, Edoardo Leo sembra avere “tutte le armi giuste” per farsi ampiamente strada.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta