Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
Diego, Fausto e Claudio sono tre frustrati quarantenni, vittime di un’epoca difficile, con pochi soldi e ancora meno soddisfazioni. Decidono di investire insieme su un casale da ristrutturare per farne un agriturismo, mettendosi in società con un atto apparentemente irresponsabile. Eppure, nonostante le difficoltà, anche grazie all’aiuto di Sergio ed Elisa, riusciranno nell’intento di avviare l’attività nonostante scogli apparentemente insormontabili, in primis rappresentati dall’arrivo del buffo camorrista in crisi di vocazione che va a chiedere il pizzo a bordo della sua affascinante e capricciosa Giulia 1300.
Dimentichiamoci i cinepanettoni, la commedia triviale, le storie di triangoli torbidi e sguaiati consumati all’ombra delle più rinomate località turistiche. Abbandoniamo l’idea di una scrittura approssimata, di cliché rabberciati, con inverosimili cummenda, borgatari arricchiti, soliti idioti, oche giulive dalla prominente ghiandola mammaria, guitti raccomandati, figli di Zelig o Colorado al ritmo di martellanti tormentoni musicali. La commedia italiana 2.0 si chiama “Noi e la Giulia”.
Edoardo Leo, scrittore e regista di questa sorprendente, liberatoria opera, leggera ma profonda, scanzonata eppure sociologicamente valida, insegna che bastano attori degni di tal nome, acume nella scrittura ed un buon plot di base per fare quello che i francesi fanno da anni: una commedia come si deve, degna di tal nome. Che la commedia italiana si sia adeguata a quella che impera nel resto d’Europa è forse ancora presto per dirlo, ma i presupposti per un nuovo modo di interpretare il genere, in questo senso più europeista, ci sono tutti. La storiella dal lieto fine (seppur troncato, in attesa che il botteghino possa suggerirne o meno un sequel) è allestita a suon di sadismo e profonda critica sociale (corpi militari, criminalità organizzata, politica inefficiente). Quando mai?
Nonostante una matrice ed una direttrice più austere ma pure un bel po’ indie, nulla appare forzato o poco digeribile; la storia, per la verità non priva di banalità e leggerezze tipiche dell’opera prodromica ma soprattutto di un’autorialità acerba, scorre via leggera, si ciba di amenità evitabili, ma conferisce un senso di liberazione (sia dai vecchi topoi di un genere caduto in rovina, sia da un’attualità nostrana da cui potere uscire salvificamente). Non ci sono cliché, anzi questi vengono ribaltati (la brava gente sequestra i sequestratori, i mafiosi sparano solo con la playstation, i buoni non vincono – ma nemmeno perdono: “pareggiano” si afferma nell’incipit).
Una commedia che fa ridere per davvero (e non nel senso peggiore nel termine come accaduto altrove). Un film che intrattiene in maniera intelligente ed originale, che nonostante non si fregi di pezzi pregiati come De Sica, Papaleo, Belen o De Luigi, riesce comunque a portare sullo schermo battute e situazioni comiche, a volte forse troppo reiterate vero (quante volte sviene Fresi? Quante battute pronuncia circa i presunti cugini?), ma fresche, genuine, nuove, con Anna Foglietta e Claudio Amendola alla miglior prova in carriera, Argentero (che per una volta recita nel suo dialetto piemontese) piuttosto in palla, Stefano Fresi che gigioneggia con maestria, Buccirosso credibile ed esilarante. Edoardo Leo, una spanna sotto gli altri in fatto di recitazione, recupera il gap con una prova d’autore coraggiosa ed originale, che lancia le basi per riconciliarsi con un genere per troppo tempo preda di una devastante pochezza d’idee…
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