Regia di Enrico Pau vedi scheda film
Nei primi anni del Secondo Conflitto Mondiale, la solitaria e guardata con una certa circospezione Annetta, si reca a Cagliari ove viene assunta come custode di una splendida villa patrizia, nel momento in cui i suoi padroni stanno per lasciare la regione e portarsi lontano dai bombardamenti. In realtà la donna è arrivata a Cagliari dal proprio paesello natio alla ricerca della nipote Tecla, ragazzina fuggita nel capoluogo dopo la morte per malattia della madre. e Annetta si porta con sé le diffidenze, ma anche le attenzioni della gente che la rifugge o la cerca, avendo la donna ereditato il compito materno di "accabadora", ovvero di portatrice di "buona morte" ai malati terminali soggiogati da atroci sofferenze.
Un ruolo che la donna ha ereditato, più che scelto, in cui si è vista indirizzata più dalla tradizione e dalla decisione popolare, che da una innata attitudine, peraltro presente nella donna.
Il fatto è che la giovane Tecla sospetta che la madre sia stata portata al trapasso proprio da questa sua inquietante, addolorata sorella.
Sotto la direzione del bravo regista sardo Enrico Pau, che ricordiamo almeno per l'ottimo Jimmy della collina (2006), Accabadora si ispira solamente al personaggio protagonista del celebre romanzo di Michela Murgia, completamente al di fuori di questo progetto, riprendendone la drammatica e dolente figura di donna, tratto da personaggio che pare leggendario, ma a cui le memorie della più antica tradizione popolare sarda attribuiscono veridicità e un ruolo importante, civicamente come eticamente, per garantire una fine pietosa alle mille sofferenze dei molti malati incurabili di quei tempi remoti in cui la medicina si arrendeva spesso di fronte alla ineluttabilità della malattia.
Ambientato in pieno periodo di guerra sotto i bombardamenti che sconvolsero il capoluogo di provincia sardo, e dunque almeno dieci anni prima rispetto al romanzo originario, il film di Pau si giova innanzi tutto, e risalta, per le splendide, eleganti vedute paesaggistiche e le riprese mobili che vedono in primo piano parti svolazzanti dell'abito lungo ed austero di questa dolente, fantomatica strega dei destini umani, donna pietosa e solitaria che pare autocondannarsi ad un ruolo ingrato e sacrificale, verso il quale si vota più per senso di responsabilità, che per vera attitudine.
Alla riuscita di questa affascinante pellicola, fondamentale risulta l'apporto scenico e la presenza carismatica della splendida Donatella Finocchiaro, un'attrice alla quale è sufficiente apparire, per dare un tocco di carattere e qualità alla pellicola che la vede coinvolta.
Questo, a tutti gli effetti, potrebbe essere uno dei ruoli cardine della comunque folta ed interessante carriera d'attrice della ottima interprete catanese.
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