Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
Buona idea, cattiva esecuzione. Si salva solo Mastandrea, che lotta come un leone per tenere a galla un film piacione e ricco di autocompiacimento. Finale discutibile, ma coerente con il manierismo complessivo dell’operazione.
Inusuale commedia italiana con un plot originale (il protagonista lavora per una società che evita i fallimenti delle grandi aziende rimasti nelle mani di imprenditori incapaci), diretta da Gianni Zanasi. Il tentativo di scegliere una strada più tortuosa della solita commediola disimpegnata, appesantendo il lavoro con elementi profondi come il paternalismo, il senso di colpa o la solita critica al cinico capitalismo, vengono tuttavia mixati con scarsa efficacia, sulla scorta di personaggi caratterizzati male (nonostante sia una storia di uomini, di coscienze, di sentimenti) ed in cui dinamiche vengono sciorinate con una certa approssimazione, spesso addirittura con banalità. “La felicità è un sistema complesso” si perde in interludi da cartolina (anche se con musiche adatte), svilendo il senso del discorso e quasi incantandosi nel autocompiacimento veicolato con reiterati ralenti fini a se stessi (si veda il discutibile finale). Ne deriva un certo piattume che la bravura di Mastandrea, il tormentato protagonista, prova a tenere a galla (invano).
Visti i presupposti e gli intenti, appare un’occasione sprecata.
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