Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
Enrico (Mastandrea) fa il lavoro più strano del mondo. Quando gli AD di qualche azienda stanno per mandare le loro società a picco per eccesso di incompetenza, lui interviene, se li fa amici, li induce a farsi da parte e salva l'azienda stessa. I problemi arrivano quando il compito riguarda un ragazzo diciottenne (De Carli) e una ragazza quindicenne (Martini), rimasti improvvisamente orfani e diventati eredi dell'attività imprenditoriale dei genitori.
Da oltre vent'anni, dopo il discreto esordio con il racconto di formazione Nella mischia, Gianni Zanasi conferma di essersi perso subito e di essere autore di pochissimo conto. Tutti i suoi film - da A domani e Non pensarci (quest'ultimo sempre con Mastandrea protagonista) - sono opere da nulla, viziate sempre dagli stessi difetti riscontrabili anche ne La felicità è un sistema complesso: bozzettismo dei caratteri, farraginosità del plot narrativo, tentativi caduchi di autorialità mal riposta, personaggi infilati di forza nel racconto (qui quello di una ragazzetta di origini israeliane con tendenze suicidomani), psicologismi pretestuosi. Con la sua recitazione in controtempo, Mastandrea vince facile su un nugolo di attori ai limiti del dilettantismo (fa eccezione Battiston, ridotto però a macchietta alla stregua di Donadoni e Celio). Ma le battute che salvano il film dalla catastrofe sono le sue.
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