Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
Enrico Giusti lavora per una misteriosa megaditta; il suo ruolo è convincere imprenditori maldestri a vendere le aziende prima di farle fallire. Quando si trova di fronte a due ragazzini che hanno ereditato l'attività dei genitori morti in un incidente e ai quali uno zio perfido vuole sottrarre il controllo dell'attività, Enrico capisce di stare lavorando per la parte sbagliata. E quindi che è ora di mollare tutto.
Otto anni sono trascorsi da Non pensarci (2007), la pellicola che ha poi generato la serie tv omonima (2009); Gianni Zanasi ritorna sul grande schermo con l'attesissimo La felicità è un sistema complesso - ed è un flop. Clamoroso, perchè tutto ci si poteva aspettare da un autore simile, tranne che tentasse di scimmiottare sè stesso, di ripetersi utilizzando però un vocabolario decisamente più misero, meno fantasioso come qui purtroppo fa. E dire che anche il cast (Valerio Mastandrea protagonista, affiancato da Giuseppe Battiston, Teco Celio e Paolo Briguglia) è in larga parte il medesimo del precedente lungometraggio (in questa occasione si aggiungono, per i ruoli principali, Hadas Yaron e Maurizio Donadoni); e allo stesso modo Zanasi è anche autore della sceneggiatura con la collaborazione di Michele Pellegrini (lo stesso accadeva per Non pensarci) e di Lorenzo Favella, new entry. Ma il film è un altro: la crisi economica, l'innocenza degli adolescenti, l'amore impossibile, l'idea di giustizia sociale sono tutti bozzetti, soltanto blande caricature in questo lavoro; i potenti malvagi senza scrupoli in giacca e cravatta, il licenziato che si dà fuoco in mezzo alla piazza del paese, il quarantenne che 'si redime' di fronte all'aut-aut fra lavoro/denaro/potere e dignità/morale/onestà... Tutto materiale privo di profondità, quasi irrispettoso nei confronti di una situazione reale contemporanea che è semplicemente tragica. L'impressione che si ricava in fin dei conti è che Zanasi sappia perfettamente ciò che fa, anche quando sbaglia: come giustificare altrimenti sequenze - belle, di per sè non prive di fascino, ma del tutto fuori contesto e irrazionali sul piano logico - come quella della partita di football o quella della levitazione? Ulteriori pecche al regista vanno imputate per quanto riguarda la direzione degli interpreti: la Yaron e i due giovani Filippo De Carli e Camilla Martini sono a tratti, chi più e chi meno, insipidi o peggio ancora. Note positive: naturalmente Mastandrea (anche se di tanto in tanto sembra perplesso persino lui su quello che sta dicendo o facendo) e, come detto, qualche momento davvero azzeccato, per quanto sia decisamente meglio non valutare l'opera dal punto di vista della tenuta logica della narrazione (ad es.: Maurizio Lastrico - in una particina - è bravo, la sua scena madre non manca di impressionare: ma come giustificarla? A 3 giorni dalla morte dell'imprenditore, i dipendenti sono già stati licenziati?). 3/10.
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