Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
In epoca di turbo-capitalismo i mestieri che si inventano sono sempre più bizzarri. Il personaggio interpretato da Mastandrea convince imprenditori o ereditieri incapaci a lasciare le loro aziende in mani più esperte. Il suo intervento ha anche motivazioni sociali, perché così facendo si salvano posti di lavoro. Lui non sbaglia un colpo, finché non deve convincere due giovani fratelli orfani, sotto sotto idealisti, a lasciare l’impresa di famiglia nelle mani dello zio rapace. Nella vicenda entra a gamba tesa anche la “fidanzata” israeliana del fratello in fuga (dalla storia d’amore e dalle responsabilità connesse). Con parte dello stesso cast del notevole Non pensarci, vale a dire Mastandrea, Giuseppe Battiston e Teco Celio, Gianni Zanasi costruisce una commedia “etica” come la finanza di cui il protagonista vorrebbe essere alfiere, ma la carne al fuoco è troppa. In particolare pare mancare di una sua necessità narrativa proprio il personaggio che dovrebbe essere letteralmente spiazzante, quello della ragazza interpretata da Hadas Yaron (tuttavia luminosa e bravissima). Così come risultano impalpabili altre figure sullo sfondo (Domenico Diele, per esempio). Se la storia, pindarica professione del protagonista a parte, riserva nel suo sviluppo poche sorprese, è come sempre lo sguardo “sotto le righe” di Zanasi regista a convincere. Così pretesto e contesto realistici diventano componenti di un film a tratti surreale, pervaso da toni “malincomici”.
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