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La felicità è un sistema complesso

Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film

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La recensione su La felicità è un sistema complesso

di alan smithee
7 stelle

33° TFF - FESTA MOBILE

Ottimo analizzatore dei piccoli sentimenti o sfaccettature che ci rendono esseri umani, magari fragili ed  imperfetti, ma veri, autentici, Gianni Zanasi torna dopo diversi anni da quel riuscito ed irresistibile Non pensarci, con un nuovo film sempre in coppia con Mastandrea e Battiston; una pellicola rischiosa, più matura e dai risvolti più ambiziosi, che si erge a paladina dell'onestà e della laboriosità della classe più umile, dello strato sociale di base, scagliandosi contro quel ceto che, in modo apparentemente meno vistoso e pomposo di quello dei politici, ha piegato l'intero nostro paese, affossandolo in una crisi ed in un degrado, economico e di valori, da far rimpiangere "quando si stava peggio": la categoria vampiresca e perennemente assetata di linfa da produzione (e da guadagno o speculazione) della classe dirigente, che da decenni ormai spadroneggia incontrastata, sempre più chiusa in sé stessa, ma proprio per questo sempre più arricchita e vorace di un profitto innaturale e smodato.

Ai danni della collettività, ma anche di potenziali iniziative economiche che invece di per sé rappresenterebbero delle eccellenze e delle virtù della realtà imprenditoriale  italiana.

Quando tal Enrico Giusti - di professione un consulente specializzato a convincere inetti direttori d'azienda a lasciare il proprio ruolo in cambio di un'offerta che li mette su due piedi a riflettere e li incoraggia a farsi da parte per non distruggere ricchezza, anziché crearla - si imbatte in due giovani e disincantati, ingenui ma puri fratello e sorella, orfani di padre e di male, deceduti in un incidente di macchina, ecco che il suo ruolo di persuasione diviene al contrario un incoraggiamento verso i  due ragazzi, a non farsi divorare. E di non perdere anche l'ultima possibilità per scongiurare di finire in balia di un gruppo di avvocati disonesti e squali, in grado unicamente di cedere l'attività industriale a investitori stranieri terzi, in barba ai rilevanti problemi di occupazione che finiscono per compromettere esistenze, famiglie, e uno strato sociale intero della organizzazione del lavoro.

In mezzo a ciò, a complicare ma in positivo la già complessa matassa da sbrogliare per il giovane consulente (reso con ironia e una strepitosa prova recitativa da un Mastandrea incontenibile) la figura fuori dal mondo  di una ragazza israeliana, mollata subdolamente dal fratello almeno nello stesso modo e stile in cui il padre dei due si dleguò ven'tanni prima, in seguito ai processi derivati da una bancarotta fraudolenta.

Descrivere il carattere e le tendenze purificanti di due giovani ricchi ma onesti è il tenttivo più difficile ed ambizioso del film, e del suo regista Zanasi, che cerca in tutti i modi di non cadere nello scontato di una retorica bidimensionale.

Per fortuna la coppia Mastandrea-Battiston, è sempre azzeccata e protagonista di scene e monologhi, nonché karaoke, davvero straordinari, a volte esilaranti quando Mastandrea sciorina la sua consueta ironica rassegnazione sunteggiando lo stato dei fatti. Li affianca l'incantevole attrice israeliana Hadas Yaron (La sposa promessa, Felix e Meira), tutta occhioni di stupore ed un accento straniero che disarma e meraviglia: i suoi duetti con Mastandrea quando la scopre in casa e la accoglie nei giorni a seguire, è un gran bel pezzo di cinema e di commedia.

Ed il film, che racchiude in sé una verità indiscutibile circa la responsabilità di una casta che ha rovinato e continua a spolpare un'Italia produttiva che saprebbe fare a meno di loro e dei loro calcoli in malafede, tentenna verso un finale che non potrebbe essere altrimenti se non incerto ed indefinito, rappresentato, nella migliore delle ipotesi, con l'immagine del biancore di una galleria che si apre al sole, tendendo dunque ad un cauto ottimismo di cui però non si delineano ancora i caratteri e le forme. 

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