Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
Film dal registro comico fuori sincrono e continuamente indeciso sulla strada da intraprendere, quello di Zanasi è una singolare sommatoria di difetti cinematografici che vanno dall'inconsistenza di una trama pretestuosa e improbabile all'insopportabile bozzettismo dei personaggi, fino al paternalismo di un finale ridicolo.
Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) è il factotum di un ufficio legale incaricato di facilitare la vendita di aziende importanti sull'orlo del crac finaziario da parte di imprenditori tanto svogliati quanto inadeguati . Il suo proverbiale cinismo però viene messo in seria crisi quando deve convincere i due giovani orfani di una coppia di facoltosi industriali a cedere le loro quote di maggioranza a vantaggio di una cordata internazionale capeggiata da un zio scaltro e opportunista. A peggiorare le cose ci si mette la stralunata e instabile fidanzata israeliana che il fratello gli molla nel salotto di casa.
Fare il copia-incolla del cinema grottesco e irriverente alla Paul Thomas Anderson (Punch-Drunk Love - 2002) piuttosto che riprodurre in chiave nostrana lo spaesamento dell'uomo contemporaneo di fronte alle scelte etiche al tempo della globalizzazione (Up in the Air - 2009 - Jason Reitman), non era sicuramente il compitino facile facile che ti aspetteresti per una commedia tutta italiana che cerca di sfuggire alla prevedibilità un pò oziosa di quattro amici in crisi attorno ad un tavolo che va per la maggiore di questi tempi. La scommessa di Zanasi autore e sceneggiatore quindi, appare sin da subito irta degli ostacoli e delle trappole che la messa a dimora di idee tanto estroverse potevano comportare in termini di originalità del racconto e tenuta del registro, quest'ultimo sempre in bilico tra gli slanci del sarcasmo e le difficili riflessioni della parabola morale. Va da sè che l'operazione è perfettamente riuscita ma il paziente è immancabilmente morto, se è vero che tutto sembra gravare sulle spalle di un volenteroso Valerio Mastandrea costretto in un personaggio che tra un terminal e l'altro, tra una festa e l'altra e tra un briefing e l'altro sorvola sulle brutture etiche dell'industria 2.0 e delle scalate finaziarie dei saldi di fine stagione con la naturalezza di chi è dotato di un'arte di convincimento di cui restano perennemente oscure le reali virtù e le profonde motivazioni legate ad una tara familiare di consanguinei che sembrano darsela a gambe levate alle prime difficoltà.
Film dal registro comico fuori sincrono e continuamente indeciso sulla strada da intraprendere, il film di Zanasi è una singolare sommatoria di difetti cinematografici che vanno dall'inconsistenza di una trama pretestuosa e improbabile all'insopportabile bozzettismo dei personaggi (primum inter pares un laccatissimo e affettato Giuseppe Battiston) fino a rasentare il ridicolo di una paternale sulle virtù sociali di una responsabilità industriale in capo a giovani rampolli inebetiti dagli studi di filosofia, dalle Torte di Nonna Papera e dalle nutrite compagnie di fankazzisti dediti alla filosofia del trekking e dello skateboarding senza pensieri al suono di musichette da videoclip che hanno rotto gli zebedei (troppe zeta e troppe kappa possona fare veramente male!). Non si salva nemmeno la inevitabile sottotrama sentimentale col tocco esotico di una protagonista femminile dal nome impronunciabile e dal dolcissimo accento anglofono (una graziosa Hadas Yaron), che condivide lo spaesamento etico e la fuga dal tormentato ambiente familiare con un ospite solitario e introverso che sta messo peggio di lei. Unica scena degna di nota quella in cui un istrionico e sornione Mastandrea intona una divertente e orecchiabile 'Torta di noi' sotto l'effetto di una manifesta incoscienza etilica. Se la felicità è un sistema complesso, figuriamoci il cinema; quest'ultimo però, basta farselo scrivere dai professionisti del mestiere. Due candidature ai David di Donatello: a Giuseppe Battiston come Migliore attore non protagonista ed a Torta di noi come Migliore canzone originale. Avrebbe detto il buon Peppino De Filippo: "...e ho detto tutto". Finanziamenti pubblici a catinelle; come dire: piove sempre sul bagnato!
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