Regia di Bill Condon vedi scheda film
l film non è un giallo; il “giallo”, cioè il mistero che era stato chiamato a scoprire a suo tempo, l’aveva scoperto subito, lucidamente; ma non ne aveva parlato al committente, bensì alla moglie di lui, quella su cui aveva indagato. Aveva fatto una analisi corretta e precisa, ma non l’aveva aiutata, forse per eccesso di acume e scarsità di amore.
Molti decenni fa dedicavo il mio tempo “libero” soprattutto all’arte e alla “cultura”; non “perdevo tempo” a leggere gialli (e tanto meno a vederli al cinema), tranne in occasione dei numerosi viaggi aerei per e dalle Americhe, quando leggevo i gialli di A. Christie in inglese, utile e facile esercizio per la lingua. Decenni dopo ho recuperato alla TV i suoi Petits meurtres (seconda serie, la migliore, con il commissario Swan Laurence, la giornalista Alice Avril e Marlène, segretaria del commissario), per esercitarmi in francese, come prima con i romanzi di Simenon su Maigret. Irene era incuriosita da Sherlock Holmes (di cui storpiava il nome, che non ricordava bene) e le ho regalato una bella edizione dei racconti di Conan Doyle, che non le sono piaciuti, ne ho letti alcuni e non sono piaciuti neppure a me.
Ormai da una ventina d’anni alla sera sono stanco e “perdo tempo” “guardando film” (è questo il titolo che intendo dare a una raccolta di opinioni personali – non recensioni né analisi critiche! – su alcuni film guardati alla sera con Bibi), registrati in base a pareri di Film.tv (oltre che alle mie conoscenze di quando studiavo cinema).
Su Holmes ho guardato solo (più volte, in serate successive per confrontarli fra loro) quelli più “anomali”, non veri gialli e non autentici: per ordine cronologico di uscita, La vita privata di S. H., di Wilder (1970), SH soluzione 7% (1976), Senza indizio (1988) e Mr. Holmes (2015).
Quest’ultimo è l’unico valutato con solo tre stelle da Film.tv, che ne fraintende il senso (“ritorna su un caso irrisolto”) accettando l’indicazione (sbagliata e ingannevole) del titolo italiano. Come scrive ANDTV “Più che caso irrisolto lo chiamerei "il caso dimenticato" visto che tutto il mistero del film si basa sull'ultimo caso risolto da Sherlock Holmes”. Già, il caso era stato risolto, ma Holmes proprio per questo caso smise di lavorare e si ritirò in pensione. Ora, vecchio (a 93 anni), trenta anni dopo quel fatto, sta perdendo la memoria, e soprattutto non ricorda più il motivo per cui smise di lavorare; lo scoprirà recuperando il ricordo e deciderà ora di rimediare dove può, con l’amore e non con l’acume della ricerca e la rivelazione della verità. Non può rimediare a quel caso che aveva acutamente ma inutilmente risolto, ma può correggere ora un altro caso: dirà una cosa falsa a un amico giapponese per aiutarlo a superare il dolore per la morte di suo padre.
Il film non è un giallo; il “giallo”, cioè il mistero che era stato chiamato a scoprire a suo tempo, l’aveva scoperto subito, lucidamente; ma non ne aveva parlato al committente, bensì alla moglie di lui, quella su cui aveva indagato. Aveva fatto una analisi corretta e precisa, ma non l’aveva aiutata; al contrario, forse così ha fallito, per eccesso di acume e mancanza (o scarsità) di amore. Ora capisce e cerca di rimediare dove e come può.
Lo trovo un bel film, ben condotto e ottimamente recitato, e che mette in discussione proprio il metodo delle ricerche di Holmes; lo stesso per cui a me non piacevano i suoi gialli, a differenza di quelli di Simenon e di Christie, che evidenziano gli aspetti emotivi e sentimentali.
Gli altri tre film “anomali” propongono innovazioni interesssanti, ma finiscono per raccontare un giallo classico, complicato dalla innovazione iniziale. Quello di Wilder è stato il più deludente anche perché dal regista mi aspettavo molto, molto di più. L’unico che forse salverei è quello “comico”, “Senza indizio”, in cui i continui artificiosi colpi di scena finali sono in carattere con il gioco iniziale, anche se spesso cade su trovatine troppo facili.
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