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I tartassati

Regia di Steno vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su I tartassati

di alan smithee
7 stelle
IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
Una carrellata aerea si muove agilmente tra i vari monumenti di interesse turistico-culturale presenti nelle città italiane, per condurci, decisamente con ben meno amenità, verso il palazzo dell'esattoria delle imposte, che rimane uno degli spauracchi più temuti dagli italiani che mostrano una scarsa propensione a versare quanto previsto dalle norme di legge sulla base degli introiti goduti.
A questa non proprio sparuta categoria appartiene certamente il Cavalier Torquato Pezzella, titolare di un avviato negozio di vestiti su misura e di pregio, che una infame mattinata riceve la visita dello zelante Maresciallo Fabio Topponi, in forza presso la Guardia di Finanza.
Da quel momento iniziano i guai per il Pezzella, la cui evasione perpetrata in modo arbitrario ed abitudinario viene subito a galla, e che nel contempo cerca di escogitare tutti i sistemi atti a indurre il militare a soprassedere a molte delle irregolarità riscontrate, ed in tal senso consigliato ed aiutato maldestramente dal suo disonesto ed inetto ragionier Curto.
Ne succederanno davvero di tutti i colori, compreso arrivare i due, opposti per indole e carattere almeno come cane e gatto, a rischiare di imparentarsi per via di una simpatia reciprocamente condivisa tra il figlio emancipato e fuori corso del Pezzella, e la figlia seria e timorata del Topponi.
Steno, sulle solide impronte del precedente successo di critica e pubblico rappresentato da Guardie e ladri, ripropone un confronto-scontro tra due classi sociali, due indoli diametralmente opposte, elevando solo di scala gerarchico-sociale la sua analisi, ma accentuando anche, proprio per tale ragione, l'iniquità del comportamento dell'evasore, in tal caso completamente ingiustificato e messo a punto col desiderio di farla franca senza nemmeno la morale giustificazione che il povero del precedente film poteva far sua.
Il film scorre molto bene, appare ben scritto, divertente e scaltro nel puntare tutto il proprio appeal sulla collaudata verve dei due straordinari interpreti in questione: un Totò al meglio della sua verve mascalzonesca, ed un Aldo Fabrizi emblema di un rigore e di una rigidità a cui tuttavia viene in soccorso quell'umanità di bravo padre di famiglia che lo induce anche a divenire oggetto di mira del suo scaltro ed astuto avversario.
Alla perfetta coppia di interpreti affiatati nella indissolubile diversità che li disegna e caratterizza, si aggiunge stavolta la presenza di una spalla di lusso, rappresentata dal comico francese Louis de Funès, chiamato a rendere i tratti nervosi e maldestri dell'infido ed approfittatore ragionier Curto: una parte che pare subito perfettamente nelle corde della comicità nervosa del grande comico d'Oltralpe, a proposito del quale è rimasta negli annali la dichiarazione al suo riguardo da parte di Totò:  "Lui non parla l'italiano, io non so una parola di francese, ma ci capiamo benissimo: la comicità è un linguaggio universale."
Parole sante!    
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