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Home - A casa

Regia di Tim Johnson vedi scheda film

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La recensione su Home - A casa

di supadany
3 stelle

Mentre l’animazione continua a progredire a passi da gigante, soprattutto per ciò che interessa gli argomenti affrontati, la Dreamworks sembra orientarsi su un percorso sempre più lontano da quell’irriverenza e quella fantasia che tanta fortuna avevano originato con Shrek (e almeno il primo sequel). 

Sabotando possibili punti di forza nel nome di un messaggio risaputo, per non dire usurato, Home – A casa figura come uno dei concept meno fortunati dello studio fortemente voluto da Steven Spielberg, Jeffrey Katzenberg e David Geffen e operativo dalla seconda metà degli anni novanta.

Quando i Boov, una razza aliena, trovano nella Terra il nuovo pianeta in cui vivere e proliferare, gli esseri umani vengono coattamente spostati nei territori più marginali. Per sua fortuna, la piccola Tip riesce a sfuggire alla cattura e, insieme al suo gatto Pig, parte alla ricerca della madre, trovando un complice in Oh, un Boov ricercato dai suoi simili per via di una serie di disastri potenzialmente letali per la razza intera.

Questo viaggio, scandito da alti e bassi, con fraintendimenti e inattese (da entrambi) sponde collaborative, è destinato a cambiare la loro vita, così come quella dei Boov e degli esseri umani.

 

scena

Home - A casa (2015): scena

 

Dopo un prologo in medias res dal gusto saporito, con una folle invasione aliena del nostro pianeta, Home comincia ad arrancare incanalandosi in un imbuto che soffoca il potenziale offerto da una bislacca razza extraterrestre inventata di sana pianta.

Infatti, il canovaccio verte sulla più improbabile delle amicizie, niente di male fin qui, tra una ragazzina sveglia e un alieno tanto volonteroso quanto pasticcione, abbandonato, ricercato e vessato dai suoi simili (senza trascurare un buffo gatto), alle prese con un viaggio sostenuto da dialoghi giostrati sulla reciproca conoscenza e connotazioni che non vanno oltre un modello già battuto fino alla noia.

In aggiunta, il livello di stupidità non è proporzionale agli effettivi risultati comici (sempre rimanendo in tema giovani terrestri e alieni, Lilo & Stitch aveva tutt’altro grip), figurando per lo più come infantile, nonostante il substrato abbia altre caratteristiche, come una terza forma di vita tutta da decifrare in corso d’opera, preferendo cavalcare una lezioncina sulla comprensione reciproca e universale che appare flebile, per non dire subdola quando la vera invasione, subita dallo spettatore, è rappresentata da canzoni strappalacrime che sottolineano momenti topici, intuibili con largo anticipo.

Così, le pressoché infinite opportunità concesse dalla caratteristica cambia colore dei Boov, di per loro un tentativo (senza futuro) di inventare dei nuovi Minions, rimangono schiacciate e allocate in secondo piano, mentre qualche scossone che cambia la percezione dei fatti, non può influire in maniera significativa sugli equilibri di fondo.

Di conseguenza, il risultato è deludente: può soddisfare in parte solo i più piccoli, lasciando la restante parte del pubblico con la bocca quasi del tutto asciutta.

Impostata la tara, eseguite somme e sottrazioni, il piatto piange.

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