Regia di Salvo Ficarra, Valentino Picone vedi scheda film
Salvo (Ficarra), con moglie e figlia, e Valentino (Picone) lasciano Palermo per raggiungere la suocera del primo nel paese cha ha dato i natali anche al secondo, in una remota zona della provincia di Siracusa («Ma che, ancora Sicilia è?» chiede il traslocatore). Il marpione della coppia vuole vampirizzare la pensione della donna, mentre la tenera “spalla” rimpiange la fidanzata abbandonata, figlia del brigadiere napoletano Paolantoni. Prima mezz’ora veramente faticosa, con Ficarra & Picone che non trovano la giusta dinamica di gag e battute, prigionieri di ritmi televisivi, definizioni macchiettistiche e di una colonna sonora ingombrante e un po’ molesta. Poi qualcosa cambia, un vero e proprio detour. Da quando parte la macchinazione per far sposare zia Lucia (Lily Tirinnanzi) con Valentino, il racconto tocca momenti di surrealtà totale, con la metamorfosi del duo (sempre più Franco - anche nel gesticolare di Salvo - e Ciccio - nel muoversi allampanato di Valentino) e momenti inattesi di scrittura sul “comune senso del pudore”. Va però rimarcato che se la seconda parte di Andiamo a quel paese decolla è anche perché il film è meno incentrato sulle scaramucce della coppia comica, a volte prevedibili, e lascia spazio a caratteristi d’alto livello. Paolantoni che vendica la canzone napoletana storpiata dal siciliano Picone è memorabile. Una commedia italiana finalmente decente e divertente, peccato davvero fatichi a ingranare.
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