Regia di Pierluigi De Donno, Claudio Giagnotti vedi scheda film
Più che nel divertito neologismo geopolitico “Gitanistan”, il fulcro del documentario di De Donno e Giagnotti sta in quel trattino fra “rom” e “salentine”: l’unione di due culture, di due tradizioni commerciali e sociali, che nel tacco dello Stivale ha origini antiche e una personalità vivida. Gitanistan è anche il titolo di un album del co-regista Claudio “Cavallo” Giagnotti, leader della band Mascarimirì, crasi musicale di ritmi salentini e retaggi rom (lui la chiama “trad-innovazione”) che mette in note il suo “sangue misto”: figlio di una rom e di un italiano, è dalla sua personale ricostruzione di un albero genealogico assai ramificato che prende spunto il film. Che ricostruisce tramite testimonianze dirette l’evoluzione del ruolo commerciale della comunità rom in Salento: da allevatori di cavalli a macellai di carne equina, quando la rivoluzione industriale rese superfluo l’utilizzo agricolo delle bestie. L’integrazione culturale passa dalla tradizione culinaria - i “pezzetti di cavallo” sono specialità diffusissima nel territorio salentino -, e dalla commistione di suoni e danze - la “pizzica scherma” -, dando vita a quello che, soprattutto se paragonato con le aberranti versioni da talk show del paese, pare davvero una nazione a parte. Pur con qualche ingenuità nella costruzione narrativa, e con sbilanciamenti in favore dell’aspetto folkloristico e musicale, ne esce il ritratto di un’Italia fuori dai luoghi comuni, da conoscere in ogni caso.
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