Regia di F.W. Murnau, Robert J. Flaherty vedi scheda film
Tabù è una parla di origine polinesiana usata per esprimere un forte divieto nel compiere determinate azioni, pronunciare determinate parole o avere dei rapporti con persone considerate sacre.
Credo che la storia del cinema abbia principalmente nei registi due divisioni generali, i pro-sistema e gli anti-sistema (da non intendersi però in senso strettamente politico), i primi non è detto che siano registi scadenti potendo comunque raggiungere vette elevate, però la preferenza và sicuramente ai secondi e sicuramente tra i primi ribelli della storia del cinema possiamo annoverare Friedrich Wilhelm Murnau, regista poliedrico ed estremamente trasversale nello stile, sempre sperimentatore di nuove soluzioni tecnico-narrative, senza mai fossilizzarsi troppo su un unico stile.
Dopo i progetti americani di Aurora (1927) e City Girl (1930), Murnau s'era abbastanza stufato di Hollywood che gli garantiva si budget più alti, ma al contempo l'apparato industriale imponeva restrizioni artistiche, così Murnau dopo i problemi produttivi del suo ultimo film decide di dare una svolta totale, insieme a Flaherty, inventore del genere documentario con Nanook l'equimese (1922), fonda una casa di produzione e avvalendosi dell'aiuto e le conoscenze di quest'ultimo, vuole trovare le persone giuste e le location adatte per girare un film nei mari del sud.
I contrasti non tardano a sorgere, Flaherty vorrebbe un approccio più documentaristico e totalmente incardinato nella narrazione sul lato degli indigeni, accusando Murnau di aver invece occidentalizzato troppo il copione. Al regista tedesco in realtà non ha mai interessato sviluppare una storia che celebrasse la civiltà primitiva, quanto piuttosto di porre in essere un parallelismo interessante tra l'isola primitiva di Bora Bora e l'isola civilizzata degli uomini bianchi, così diverse in apparenza ma in realtà entrambe soggette a dei Tabù ai quali non ci si può opporre in alcun modo.
Il cast è composto da indigeni delle isole, meticci (cioè? Mi pare un termine razzista) e cinesi, anche la troupe del regista era composta da indigeni locali addestrati da Murnau, che aveva come aiuto concreto quello di Floyd Crosby come direttore della fotografia. Una candida corona di fiori trascinata da un ruscello che sfocia in un laghetto, favorisce l'incontro tra il giovane Matahi e la bella Reri, entrambi immersi nell'atmosfera incontaminata e lussureggiante dell'isola di Bora Bora. Entrambi si vogliono bene e subito sboccia un sentimento d'amore, purtroppo è destinato a non perdurare, perché il sacerdote-stregone Hitu giungendo sull'isola per conto del capo di Fanuma che governa quei posti tra cui Bora Bora, sceglie Reri come nuova ragazza vergine consacrata agli Dei dopo la morte della precedente. Matahi e Reri non possono accettare la decisione, anche se questo significa la morte, così entrambi scappano via raggiungendo isole abitate dagli uomini bianchi, dove le antiche tradizioni degli Dei non possano raggiungerli.
Dualità presente in tante pellicole di Murnau, tanto che il film è diviso in due segmenti; "Paradiso" e "Paradiso Perduto", dove nel primo vi è la nascita idilliaca dell'amore tra i due giovani, mentre nel secondo vi è il tentativo di stabilire una relazione duratura tra i due, con Matahi che sostenta entrambi con la sua notevole abilità di pescatore di perle, godendo di grande considerazione da parte dei bianchi.
Siamo innanzi quindi un melodramma a sfondo esotico, senza mai sfociare in paesaggi catolineschi che fungono da sfondo in realtà, perché questa volta Murnau crea immagini dal notevole dinamismo e di difficile realizzazione tecanica date le condizioni ambientali. Da citare sull'isola sicuramente l'illuminazione dell'acqua che risplende in tutta la sua pura lucentezza, l'arrivo della nava a vela occidentale e il montaggio alternato tra la triste solitudine di Matahi e la passività di Reri, che finisce con il mostrare un dolce sorriso solo quando l'amato la raggiunge e balla con lei ed il ritmo della danza si alza sempre di più in modo vorticoso con tanto di ragazze a seno nudo, mentre nel secondo segmento abbiamo delle rudimentali riprese del fonale marino e di scene relative alla pesca delle perle, tutto sempre girato in esterna e senza alcuna ripresa in studio, anche a costo delle notevoli difficoltà tecnico-realizzative. Un film che narra di un amore impossibile ed osteggiato da leggi incomprensibili alla ragione unana e tramandate di secoli in secoli, superstizione, anti-capitalismo e corruzione, giungendo a conseguenze pessimistiche ulteriori, poiché se in precedenza Murnau era riuscito a salvare il mondo della campagna e quindi meno civilizzato rispetto a quello più sviluppato e caotico della città, questa volta sembra prefigurare un'eterna infelicità per l'essere umano sotto qualsiasi sistema organizzato, poiché sorretto da leggi morali (Dei e Squalo) o leggi scritte (Capitalismo e Cartello) a cui sottostare, pena uscirne sconfitto per chi prova a ribellarsi come un novello Prometeo.
Un film denso e stratificato, di cui ho visionato la versione da 80 minuti che credo sia quella ufficiale in commercio, meno immediato rispetto ad un Aurora (1927) data la completa sparizione delle didascalie, eccetto dei documenti scritti, diari o lettere di alcuni personaggi che ci danno delle necessarie informazioni per comprendere dei passaggi che altrimenti resterebbero totalmente oscuri, nonostante un paio di scelte narrative troppo di comodo come il governo che impone un mandato di arresto per i due protagonisti per non turbare la pace degli isolotti (in pratica rinuncia ad esercitare la propria sovranità? Che razza di stato sarebbe questo?), nonché il contratto capestro firmato da Matahi dove incorrono gli estremi della truffa e quindi nullità del contratto.
Difetti piccoli a parte, il film non fu un successo ai botteghini purtroppo e negli Stati Uniti ebbe problemi per via delle donne a seno nudo che danzano, riuscendo però a vincere la miglior fotografia agli Oscar. Un film che sembrava poter prefigurare una svolta ulteriore nella già poliedrica filmografia di Murnau, il quale purtroppo morì in un incidente d'auto l'11 Marzo 1931 a poco più di 40 anni, divenendo forse la prima tragica scomparsa precoce di un genio registico, che sicuramente sarebbe riuscito ad adattarsi benissimo al cinema sonoro diventando così il miglior regista della storia del cinema.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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