Espandi menu
cerca
Tabù

Regia di F.W. Murnau, Robert J. Flaherty vedi scheda film

Recensioni

L'autore

FABIO1971

FABIO1971

Iscritto dal 15 luglio 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 118
  • Post 11
  • Recensioni 526
  • Playlist 3
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tabù

di FABIO1971
10 stelle

"Il finale del film, nella sua perfezione visiva, costituisce l'apogeo dell'arte del cinema muto".
[Lotte Eisner: recensione di Tabù su Film Kurier, 28 agosto 1931]

Dopo le travagliate lavorazioni dei suoi ultimi film (Four Devils e City Girl), Murnau straccia il suo contratto con la Fox disgustato dalle miopi ingerenze dei produttori. Deciso a cambiare aria per non scendere a compromessi con quel sistema hollywoodiano che già gli aveva imposto, contro il suo volere, l'impiego del sonoro, Murnau compra uno yacht di 20 metri e parte per i Mari del Sud, nella primavera del 1929, dove intende girare insieme al documentarista Robert J. Flaherty un film libero dalle costrizioni degli studios. La meta è Tahiti: la macchina da presa di Flaherty aveva già visitato la Polinesia e i Mari del Sud (a Samoa per Moana, l'ultimo Eden, 1926) e proprio a Tahiti era desideroso di ritornare. La Metro-Goldwyn-Mayer, infatti, lo incaricò nel 1928 di accompagnarvi il regista Woodbridge Strong Van Dyke II per girare insieme a lui Ombre bianche: ma il feeling con Van Dyke si rivelò inesistente e Flaherty abbandonò il progetto. L'incontro con Murnau ha premesse più coinvolgenti: un film muto, accompaganto soltanto da una colonna sonora musicale, che illustri le condizioni di vita e la natura del luogo e, soprattutto, denunci lo sfruttamento dei tahitiani da parte dei commercianti cinesi e degli affaristi europei. Soggetto alla mano (intitolato provvisoriamente Turia, ispirato a Flaherty da alcune leggende polinesiane apprese all'epoca di Ombre bianche), Murnau salpa per Tahiti dopo aver firmato un contratto con una nuova compagnia indipendente (la Colorart) intenzionata a finanziarli: Flaherty, però, lo raggiunge un mese più tardi a mani vuote, perchè, in realtà, la casa di produzione non dispone del denaro necessario ad avviare il progetto. Sarà grazie all'intervento economico dello stesso Murnau, che diede fondo ai propri risparmi, che le riprese potranno avere inizio: costituiscono una compagnia di produzione, la Flaherty-Murnau Productions, setacciano Bora Bora alla ricerca delle locations più suggestive, scovano in un bar la protagonista Anne Chevalier, licenziano i componenti americani della troupe (ad eccezione del direttore della fotografia Floyd Crosby, all'esordio della sua scintillante carriera) per assumere soltanto maestranze locali, rinominano il film Tabù e rimettono mano alla sceneggiatura, ma già dopo poche settimane di lavorazione i due registi entrano in conflitto tra loro, al punto che le tensioni e i disaccordi creativi che funesteranno l'armonia della troupe costringeranno Flaherty ad abbandonare il set dopo aver girato soltanto la sequenza d'apertura del film. Dichiara il fratello di Flaherty, David: "Flaherty portò Murnau in quell'isola paradisiaca, gli diede un soggetto drammatico e Murnau ne fece un film di Murnau". Ed infatti Murnau si carica sulle spalle l'intero progetto e conclude le riprese: nell'autunno del 1930 Flaherty gli vende per 25000 dollari la propria fetta dei diritti d'autore, mentre Murnau completa a Los Angeles, esaurendo i suoi risparmi, il montaggio del film e la registrazione della colonna sonora (musiche originali di Hugo Riesenfeld oltre a brani estratti dai Notturni di Chopin e da La mia patria di Bedrich Smetana). Tabù è diventato il suo film. E sarà, purtroppo, anche l'ultimo. Il sottotitolo annuncia: "Una storia dei Mari del Sud raccontata da Friedrich Wilhelm Murnau e Robert J. Flaherty". Prima parte, Das Paradies ("Il paradiso"): "Un paese incantato e lontano nei Mari del Sud: l'isola di Bora Bora, ancora incontaminata dalla civilizzazione". Per i nativi dell'isola l'acqua è, semplicemente, la principale fonte di sostentamento: l'acqua è nutrimento (la pesca nel mare), è teatro di innocente divertimento tra uomini e donne nella quiete della natura, tra cascatelle e placidi laghetti, acqua che lenisce le ferite dopo un litigio, acqua muta, solenne, regale, scrutata rispettosamente da una macchina da presa che accompagna con morbide panoramiche la frenetica eccitazione dei nativi che, alla vista di una imbarcazione all'orizzonte (nave battezzata col nome Moana) che si avvicina verso l'isola, si lanciano in canoa a festeggiarne l'arrivo. Il capo di Fanuma, signore di tutte le isole, ha un messaggio per il capo di Bora Bora: "A te e alla tua gente conferisco il più grande onore delle nostre isole: la vergine consacrata ai nostri dei è morta e io stabilisco che colei destinata a succederle dovrà provenire dalla vostra isola. Una fanciulla che ho scelto per la sua bellezza, per la sua virtù, per il suo sangue reale, colei il cui nome è Reri. Nessuna legge degli dei deve essere temuta più di quella che salvaguarda la prescelta: nessun uomo può toccarla o porre su di lei occhi cupidi di desiderio, poichè dal suo onore dipende l'onore di tutta la sua gente. Da questo momento Reri è sacra, è Tabù, infrangere questo Tabù significa morte. Hitu, il più valoroso dei miei sudditi, reca questo messaggio e mi porterà la fanciulla: risponderà con la propria vita della sua incolumità". Dall'acqua dovevano giungere gioiose novità, mentre invece, per Reri, arriva l'annuncio inaspettato del tragico fato che la attende. Il suo pianto straziante è anche il dolore dell'uomo che la ama, Matahi, che assiste indifferente ai festeggiamenti della tribù in onore dell'evento: i sogni di una vita intera volatilizzati, il paradiso perduto. Per sempre. Ma nella giocosità sensuale di una danza lo sguardo dei due giovani si incontra, illuminandosi improvvisamente di gioia e speranza: durante la notte, infatti, Matahi rapisce Reri. Il Tabù è stato infranto. Seconda parte, Das verlorene Paradies ("Il paradiso perduto"): "Fuggendo la vendetta del Tabù, gli amanti colpevoli lottarono tenacemente per chilometri e chilometri di mare aperto alla ricerca di qualche isola del commercio delle perle dove governi l'uomo bianco e gli antichi dei siano dimenticati, attraverso tempeste sotto un cielo di fuoco, nella loro fragile canoa, sul punto di morire di fame e di sete, sempre sospinti dalla paura... La paura della vendetta del Tabù". Sono salvi, il mare (l'acqua) li ha spinti lontano dal loro passato: Matahi si rivela un abilissimo pescatore di perle, la comunità dell'isola li accoglie felicemente. Ma, ancora una volta, dall'acqua giunge una minaccia: arriva una nave ed una dissolvenza sul primo piano del nome dell'imbarcazione, Moana, annuncia la fine dell'idillio. Jean, il poliziotto dell'isola, ha ricevuto l'ordine di arrestarli, ma in cambio di una perla di Matahi straccia l'ordine di cattura e lascia ripartire la nave. Torna nel suo ufficio e riprende le sue attività consuete, scrive una lettera alle autorità: "Oggi nella laguna ha avuto luogo un incidente quanto mai malaugurato. Il fatto ha avuto luogo mentre quasi tutta la popolazione si trovava a riva per uno dei loro banchetti indigeni. Nella laguna c'è un punto, il più ricco giacimento di perle di tutti i Mari del Sud. Ma questo punto è Tabù. Gli indigeni lo evitano". Uno dei pescatori dell'isola, infatti, si era immerso proprio in quel punto senza più riemergere a galla, sfidando la superstizione: "Gli indigeni credono", prosegue la lettera, "che un enorme squalo divoratore di uomini sia a guardia delle perle. La tragedia di oggi dimostra che non è una superstizione: lo squalo è lì. Confido di avere l'approvazione del governo nell'apporre un segnale che proibisca ulteriori immersioni in quel luogo". Ed infatti un cartello con la minacciosa scritta "Tabù" viene ancorato nel tragico tratto di mare, mentre di notte una mano misteriosa recapita a Reri un messaggio di Hitu: "Tabù. Ti dò tre giorni per tornare da me oppure Matahi morirà tra tre giorni". Per guadagnare i soldi necessari ad imbarcarsi sulla prima nave di passaggio e fuggire, Matahi sfida la sorte (ed infrange il tabù) immergendosi a caccia di perle proprio nel punto vietato. All'alba del terzo giorno, in una sublime e struggente sequenza, Hitu viene a reclamare Reri: alla donna non resta che gettarsi ai suoi piedi accettando il proprio destino in cambio della salvezza del suo amato. Torna a letto proprio quando Matahi si sveglia, finge di dormire mentre lui si affretta a correre in mare per pescare nuove perle, poi si alza e gli scrive in lacrime una lettera d'addio, mentre lui, sott'acqua, combatte ed uccide il gigantesco squalo della superstizione: "Il Tabù incombe su di noi. Sono stata così felice con te, molto più di quanto meritassi. Custodirò l'amore che mi hai dato fino all'ultimo battito del mio cuore. Attraverso le grandi acque verrò a visitarti nei tuoi sogni, quando la luna stende sul mare il suo sentiero". Distrutta e senza più speranze, Reri sale sulla barca di Hitu: Matahi, disperato, tenta vanamente di inseguirla in acqua, finchè, a poco a poco, anche l'intensità delle sue bracciate finisce per arrendersi alla vastità del mare e all'impetuosità delle onde. Muore, inghiottito dalle acque, mentre la barca di Hitu si allontana all'orizzonte. Il Tabù ha avuto la sua vendetta, il paradiso è definitivamente perduto. Canto del cigno del cinema del suo autore, elegia funebre di un amore impossibile, la romantica e ribollente passione del melodramma che precipita nelle oscure profondità del pessimismo di Murnau, esplodendo inesorabilmente nel senso di tragedia incombente che opprime ogni momento idilliaco dell'esistenza umana, nella disillusione dei suoi personaggi, nei simbolismi che ne evocano la prossimità della fine, in quei tabù infranti ma mai del tutto sconfitti. Tabù è un'opera irripetibile, un film di sublime raffinatezza per essenzialità stilistica e potenza espressiva, che le suggestioni pittoriche e gli affascinanti giochi di luci ed ombre della fotografia, premiata con l'Oscar, di Floyd Crosby (padre del celebre cantautore David), immergono in un'angosciante atmosfera sospesa magicamente tra sogno ed incubo, in cui l'ineluttabilità di ogni destino umano innalza solennemente il canto della propria sconfitta. Alla fine del 1930 Tabù è ormai ultimato, manca soltanto un distributore che ne consenta l'uscita nelle sale cinematografiche: in soccorso di Murnau giunge la Paramount, che acquista i diritti di sfruttamento del film per cinque anni, consentendo a Murnau di saldare i propri debiti. L'anteprima è fissata per il 18 marzo 1931 a New York, ma Murnau non potrà parteciparvi: muore una settimana prima in un incidente d'auto a Santa Barbara (il gossip velenoso di Kenneth Anger nel suo Hollywood Babilonia rivelerà, senza comunque altra prova a suffragarne la veridicità che i rumors delle malelingue hollywoodiane, che Murnau stava praticando una fellatio al suo autista, un quattordicenne filippino). Al suo funerale parteciparono soltanto 11 persone, tra cui Greta Garbo, Robert J. Flaherty ed Emil Jannings, oltre a Fritz Lang, che pronuncerà l'orazione funebre. Se non si fosse capito, un capolavoro assoluto della storia del cinema...

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati