Regia di Jaco Van Dormael vedi scheda film
La piccola Ea (Groyne), ormai insofferente alle continue cattiverie che suo padre, Dio (Poelvoorde), perpetra nei confronti degli umani dal suo bunker a Bruxelles, decide di compiere un atto di sabotaggio per poi fuggire da casa. Invia così la data di morte a ciascuno degli umani e, dopo avere salutato la madre (Moreau) e suo fratello Gesù, trova l'uomo che dovrà scrivere il nuovo Nuovo Testamento e si mette alla ricerca dei sei apostoli che le sono necessari per riscrivere le regole del mondo. Con appena 4 film nell'arco di quasi un quarto di secolo, il belga Jaco Van Dormael non può certo dirsi un registra prolifico. Questo Dio esiste e vive a Bruxelles arriva nelle sale italiane arriva a quasi 20 anni di distanza dal precedente L'ottavo giorno. È un film che non disdegna la scelta iconoclasta di mostrare Dio come un essere capace di ogni infamia, ma lo fa con un registro grottesco che sta tra il cinema di Jeunet e quello di Gondry, leggero e soprattutto carico di un'immaginazione visiva che è al tempo stesso pregio e difetto del film. Se da un lato, infatti, incantano molte trovate visive (su tutte, l'uomo che attraversa lo specchio abbracciando se stesso), dall'altro esse, nella seconda parte del film, sembrano essere il fine stesso di un'opera che concede non poco a un sentimentalismo che stride con l'incipit al vetriolo. Sicché il film, nel seguire le vicende dei sei apostoli tutti con la loro musica interiore, finisce col girare un po' su sé stesso.
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