Regia di Pete Docter vedi scheda film
Era ora. Dopo qualche stagione deludente, o quanto meno non troppo inebriante, la Pixar torna a ruggire, o sarebbe meglio dire illuminare, vista la “mascotte” (la famosa lampada da tavolo) e soprattutto lo sviluppo articolato dell’idea portante, di per se vincente, ma tutt’altro che semplice da sviluppare.
E’ una vittoria su tutti i fronti.
La vita felice della piccola Riley è messa a soqquadro quando si trasferisce con i suoi genitori dal Minnesota a San Francisco (o “San Fran Schifo”, come si sussurra nei piani alti).
Le cinque emozioni che la guidano dalla mente, Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto, sono chiamate ad un lavoro extra per governare la situazione che però sfugge loro di mano.
Toccherà a Gioia e Tristezza avventurarsi, non volontariamente, all’esterno della base operativa per salvare la situazione.
La Pixar torna ad appropriarsi del titolo esaustivo di “fabbrica delle idee (e delle emozioni)” con un film che è un’autentica esplosione di invenzioni, tornando ad unire sotto lo stesso segno (vincente) le varie corde emotive e visto che le stesse sono protagoniste attive non poteva che essere altrimenti.
Uno scenario mentale in continuo rinnovamento, ed arricchimento, meticoloso nello studio ed abile a trovare il tempo (giusto) per proporre tutto quanto occorra per offrire uno spettacolo completo e degno di oltrepassare i confini della pura animazione per famiglie.
Una creatività debordante, consona a far spalancare più volte la bocca per la meraviglia, ridere a crepapelle, ma anche fermarsi a pensare, o meglio farlo nella più totale libertà e naturalezza.
Le cinque emozioni, animate risaltando nei tratti le caratteristiche di ciascuna, formano un vero e proprio team d’assalto, i tanti siparietti sono dettati da dialoghi scritti con grande brio, Gioia è contagiosa, mai disposta alla resa, ma la vera sorpresa è Tristezza dapprima vista come un ostacolo e poi vera e propria eroina.
Personaggio attivo già lungo il viaggio nei meandri di isole, e corridoi (sbalorditiva la deformazione dei disegni nel passaggio attraverso una pericolosa scorciatoia, arte purissima), dei ricordi, trova la sua gloria, d’altronde capita spesso che i momenti più belli, i nuovi incontri o semplici (e grandiosi) atti consolatori, abbiano luogo proprio successivamente ad esperienze negative.
In questo caso si può parlare di intuizione illuminante che scavalca linee di demarcazione impresse da sempre, un vero e proprio salto triplo in avanti che arricchisce ulteriormente l’opera donandole quel fattore in più che si trasforma in reale differenza percettiva che si va ad unire ad uno studio cerebrale tangibile (ad esempio, tante volte capita di avere in testa spinte reattive diverse di fronte ad una scelta da compiere).
Si da corpo in questo modo ad un vero universo che potrebbe generare risvolti praticamente illimitati (in fondo la storia di Riley occuperebbe pochissime pagine di un sceneggiatura), come poi rende esplicito, con leggerezza, il moltiplicarsi della vita nelle menti di personaggi ed animali lungo i titoli di coda (un vero orgasmo applicato ai sensi figurati), tanto che per una volta, l’idea di un sequel potrebbe anche essere attesa senza che paura, rabbia e disgusto prendano il sopravvento.
Gemma preziosa.
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