Regia di Pete Docter vedi scheda film
Eppure prima o poi doveva accadere.
L'unico approdo possibile era questo.
Perchè se sei una fabbrica di emozioni, come la Pixar è da anni, ad un certo punto non ti accontenti più soltanto di regalarle queste emozioni ma fai un passo successivo, provi a descriverle, farcele vedere, capirne i meccanismi, renderle protagoniste dei tuoi cartoni.
E' quasi un'operazione di auto analisi quella degli autori, come se tutti quei geni che questi anni hanno scritto e disegnato quelle storie indimenticabili adesso avessero voluto entrarvi dentro con un bisturi per capirne le dimamiche emozionali.
Come se quella bimba fossimo noi e loro quelli alla torre di controllo.
E hanno tirato fuori un film geniale, labirintico, emozionante e profondo, un'opera di animazione che con gambe ferme e schiena dritta si piazza sulla strada della storia del genere, specie di pietra miliare per il proseguio del cammino.
Inside Out è la summa di tutti i Pixar precedenti, ha dentro tuttto il loro genio, il loro coraggio, le loro emozioni.
Inseriti in una struttura talmente impressionante che tutta la meraviglia dell'architettura di Monster & Co, ad esempio, a sto punto sembra solo un passatempo.
Inside Out è come un Nolan con un cuore e una matita al posto della penna.
E' un film -che chiamarlo cartone per certi versi è riduttivo- che prova quasi in maniera definitiva ad esplorare quel mondo infininito, il più infinito dei mondi, che è il cervello umano.
E lo fa attraverso le emozioni, rendendole mille volte più importanti delle azioni, se mai qualcuno ancora avesse dubbi di gerarchia tra le due cose.
Un vortice di idee che ti spazza via, in cui puoi solo accontentarti di stargli dentro e girare e girare.
Un film che è metafora sempre, dapertutto, anche sui battiti di ciglia, che sarebbe da fermare ogni singola scena, ogni singolo gesto e provare a capire il profondo significato che c'è sotto.
La bimba che nasce con la sola Gioia, ma solo per pochi secondi, le palline colorate dei ricordi, le Isole Personali, il burrone dell'Oblio, l'importanza vitale dei Ricordi Base, la corruzione che gli stessi ricordi possono avere, la Terra dell'Immaginazione con le sue nuvole dove perdere la testa e i suoi castelli di carta che hanno la sola possibilità di crollare, e poi ancora gli addetti all'eliminazione dei ricordi inutili, e le sequenze incredibili, meravigliose, geniali, degli studi cinematografici che costruiscono sogni, che questo è è sempre stato il Cinema no?, un costruttore di sogni e questa qua dentro è solo una delle tante sineddochi del film.
Ma c'è tanto altro, c'è la memoria a lungo termine e i suoi borgesiani scaffali, c'è il terribile subconscio dove si annidano le paure e i ricordi più spaventosi, c'è la sequenza, altro pezzo di cinema superiore, nella stanza del Pensiero Astratto, ci sono le divertentissime gag comiche sull'inside dei genitori, con quei 5 del padre che guardano la partita e le 5 della madre che provano a tener su la baracca.
C'è troppo, da non finirne più.
E c'è una bimba che cresce, che passa da una vita di palline tutte gialle ad un'altra che le presenta le prime difficoltà, i primi veri dolori, e le palline di altri colori aumentano e aumentano.
Questo sarebbe il film perfetto per dire tante cose della vita vera, per parlare delle palline di tutti, specie delle mie, di come anche quando di gialle ne avresti tante preferisci mandar Tristezza ad accarezzarle e modificarle forse per sempre.
Sarebbe da parlare dell'intero genere umano, di chi Gioia non l'ha mai conosciuta, di chi manda Rabbia sempre in avanscoperta, di chi ha un Paura ancora più maldestro di quello della bimba, di chi guarda il mondo con Disgusto alla consolle.
Sarebbe da starci ore a parlare di questo film, sarebbe da finirci fogli virtuali.
E invece ho preferito parlarne subito, senza pensarci tanto.
Chissà chi mi sta guidando dentro la testa, magari c'ho un omino nuovo, chiamatelo Impeto, chiamatelo Fretta, chiamatelo Passione.
E allora voglio finire.
E lo faccio ricordando ancora una volta come sto studio, la Pixar, abbia un coraggio incredibile.
Questo è lo studio che ha parlato di morte, di fallimenti, di sogni non realizzati, di paure e addii.
E qua viene a dirci che la Tristezza è importante, che a volte solo con la malinconia si riesce ad esser veri, a mostrarsi veri e, forse,potersi salvare.
Ma la scena che mi ha letteralmente strappato il cuore di dosso è quella dell'Amico Immaginario.
Un personaggio incredibile, indimenticabile e di una profondità infinita.
"Portala sulla Luna per me" grida a Gioia prima di dissolversi per sempre nell'Oblio.
Non c'è più tempo per gli amici immaginari, non c'è più età.
E lui lo sa.
"Portala sulla Luna per me" è l'ultima frase prima della morte di un personaggio di straziante umanità.
E quel carretto immaginario che un giorno, su una scia d'arcobaleno, avrebbe dovuto portarlo sulla Luna con lei, funziona comunque benissimo.
E riporta la Gioia a far parte della vita.
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