Regia di Peter Weir vedi scheda film
So che se qualcuno legge abitualmente le mie opinioni sui film, rimarrà probabilmente indispettito da questa. In effetti, quello di Weir poteva e doveva essere un film epocale, e forse per qualcuno lo è anche stato. Per me, questa società dei poeti defunti fu soltanto un attimo fuggente. Quasi vent'anni fa, il film creò una grande attesa, soprattutto tra i giovani d'allora, e non solo in Italia. All'epoca della sua uscita mi trovavo in Inghilterra e per un contrattempo non potei vederlo. Quando lo vidi, qualche mese più tardi, l'attimo era fuggito e l'aspettativa si trasformò in delusione: cinematograficamente una delle più grandi. O capitano, mio capitano, che delusione! C'era Mork, non più nano-nano, in piedi su un banco di scuola, ma a me aveva fatto molto più effetto quando dormiva a testa all'ingiù e non voleva fare il poeta a tutti i costi. Si tratta comunque di un film che parla di grandi aspettative, di una rivoluzione possibile e pacifica, ed è diretto dal signor Peter Weir, uno che molto raramente ha sbagliato un colpo. Ma io ho sempre preferito il pastore errante dell'Asia al capitano mio capitano. Ho fatto anche il servizio civile.
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