Regia di Arash T. Riahi, Arman T. Riahi vedi scheda film
«Se dovessi batterti con Mike Tyson, non sceglieresti il ring: ti mangerebbe prima un orecchio, poi tutto il resto. Non proveresti piuttosto a giocarci a scacchi?». Srdja Popovic, leader del movimento studentesco serbo Otpor! che contribuì ad abbattere il regime di Slobodan Milosevic, sceglie questa metafora di lotta non violenta a dittature più o meno dichiarate; e svela così il pattern che lega tra loro rivolte lontanissime nello spazio e nei metodi ma unite dalla contemporaneità del globo post crisi. Occupy Wall Street a Zuccotti Park, le azioni del gruppo femminista ucraino Femen, gli indignados di Madrid, gli oppositori del regime siriano di Bashar al-Assad, tangenzialmente anche le proteste di piazza Tahrir e l’Onda verde iraniana di qualche anno fa.
La pacatezza dei modi si sovrappone alla forma del documentario scelta dai fratelli Riahi, tramite il voice over sussurrato, l’osservazione rispettosa, l’ascolto attento di storie intrecciate (il sentimento anticapitalista si assomiglia a New York e a Madrid) e insieme distanti (le Primavere arabe stanno dentro un contesto che l’Occidente fatica a comprendere appieno). L’occhio cinico vi legge inevitabilmente un ottimismo fuori moda, superato dagli eventi, ma il pregio ultimo di Everyday Rebellion risiede nella sua mappatura, più che di battaglie e presunte rivoluzioni, di tecniche di combattimento insospettabilmente creative. Nella speranza che anche il sollevamento di un sopracciglio scettico possa contribuire al benefico e irrefrenabile effetto farfalla.
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