Regia di Marcello Aliprandi vedi scheda film
Vedendo questo Un sussurro nel buio si potrebbe temere il peggio per Aliprandi: velleitario, pretenzioso e sterile, il film viene confezionato con arte maldestra e interpretazioni inqualificabili, seguendo una sceneggiatura (di Nicolò e Maria Teresa Rienzi) piatta all'inverosimile e che potrebbe piuttosto fornire il sufficiente materiale per un cortometraggio. Sostanzialmente, infatti, novanta dei cento minuti della pellicola non fanno altro che ribadire in maniera pedante lo stesso concetto: il piccolo Martino ha un amico immaginario che forse forse tanto immaginario non è. E neppure così pacifico. Aliprandi, si diceva, in tutto ciò sfigura pienamente, non riuscendo che a imbastire senza fantasia o stile alcuno questa lunga serie di banalità; l'unica scena che ci ricorda le sue (certo non fenomenali, ma) discrete capacità è infine quella della festa di carnevale; per il resto Un sussurro nel buio sembra semplicemente un thriller paranormale da tre soldi, neppure quattro, con dialoghi pessimi e attori adeguatamente allo sbando (ma molti sono bambini, va ricordato). A un certo punto poi, sfiorando il sublime e quindi allo stesso tempo il trash, entra in scena senza preavviso Joseph Cotten; nel ruolo di uno psicologo, oltrettutto, che di psicologia sembra non capire granchè. Le musiche di Pino Donaggio sono oltremodo melense; John Philip Law e Nathalie (moglie di) Delon sono i nomi in risalto sul cartellone. 2/10.
Martino ha una decina di anni, due sorelle rompiscatole più piccole, delle tutrici madrelingua ancora più odiose, una madre permissiva che lo adora e un padre assente; nella lussuosissima villa di famiglia cominciano a verificarsi strani incidenti. La chiave che li collega tutti è quella che ognuno, in cuor suo, teme affidandosi al più crudo scetticismo.
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