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Un sussurro nel buio

Regia di Marcello Aliprandi vedi scheda film

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Ted_Bundy1979

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La recensione su Un sussurro nel buio

di Ted_Bundy1979
3 stelle

Due sole sequenze sono veramente da salvare, di questo materiale inerte da cava diretto dal solitamente "con un qualcosa che gli manca(va)" Marcello Aliprandi, e che vorrebbe essere una variazione dei temi alla Henry James di "Giro di vite" con "Suspense", e con qualcosa anche del semi-capolavoro "Demonio dalla faccia D'Angelo"(Full Circle)(Canada 1976), Richard Loncraine, dello stesso anno, e del successivo e quasi parimenti malriuscito "Enfantasme", di Sergio Gobbi, con Agostina Belli.

Le due sequenze, uniche che destano dal torpore l'interesse alla visione, sono quella della improvvisa festa in costumi veneziani nell'ampio salone dei bambini(l'ambientazione è in una splendida villa settecentesca da miliardari, poco lontano),e il galeone modello mandato in fiamme nella notte a chiusura della stessa, nel lago.

Momenti improvvisi di rara eleganza, che denotano alcune delle qualità preziosistiche di messa in scena ed impaginazione della stessa, che Aliprandi aveva mostrato pure architettonicamente e con scenografie ricercate in "Corruzione al palazzo di giustizia", e nel suo successivo forse miglior film, "Morte in Vaticano", purtroppo manca la capacità di costruire la minima sequenza di tensione vera, per evidente carenza di budget, tranne nella abbastanza indovinata sequenza della caduta sotto al vaporetto in avvicinamento alla banchina, di John Phillip Law, a Venezia.

Per il resto non si nasconde pure una certa irritazione per i personaggi protagonisti, tutti nel lusso e nella ricchezza di dimore antiche, arredate con gusto da servizio fotografico per riviste di arredamento, ma che pare non lavorino mai e nessuno di essi tranne la adorante servitù, per vivere.

Gineceo di livello stellare questo sì, con Nathalie Delon la madre che ovviamente non si spoglia mai, per espressa volontà contrattuale del marito, ma soprattutto Olga Bisera governante "francese" dei ricchi tre pargoli(o "forse quattro") ma con accento ed evidente fisionomia da slava, che pur sacrificata nelle mise e nel ruolo, è sempre una stanga bosniaca da sturbo quando è in vestaglia da notte semiaperta e occhiali tondi da vista, la quale sopravanza a tutte, Delon compresa, e la piccola ma appetitosa, morbidosa meridionale Adriana Russo, giovane graziosetta cameriera.

Ci sarebbe persino anche Lucretia Love, l''amica d'infanzia" americana del padre Law, che però sparisce di sua volontà molto presto nel film.

Sua una delle migliori sequenze del film, quando con la gomma a terra della Dyane e i tre bambini in macchina sotto ad una pioggia palesemente finta, in una stradina di campagna, chiede aiuto sulla provinciale prospiciente ad un automobilista di passaggio, che fermatosi frettoloso, invece di scendere per aiutarla le lascia un biglietto con il suo numero di telefono, per vedersi dopo.

Incredibile partecipazione di Joseph Cotten, una leggenda del teatro e del cinema americano, tra le tante nei film italiani di genere dei settanta, come psicologo-paraestesista, forse "ciarlatano" secondo la madre Delon, chiamato per curarsi del giovane aristocratico e tutto atteggiato figlio Martino(Alessandro Poggi, che non è ditelo a Wiki, l'omonimo pennivendolo pisano), forse sensitivo forse solo squilibrato, e vederlo condividere la stessa scena in bagno che fa la vasca con la Russo da Playmen, sono di quelle cinestranezze da prelibato sculto, e che poteva offrire il cinema italiano di quel periodo.

Bella l'ambientazione nella villa raffinatamente arredata e dalle stanze da pranzo e da bagno, cucine, grandi 100mq., ma solo lì per le già note evidenti ristrettezze di budget. Tanto che il commissario o Ispettore quel che era di polizia, uno dei più improbabili tra i tanti pur visti nel film italiani, è interpretato dal ddf capellone con cappotto nero e maglione alto a girocollo da "come Calabresi", solo che lui assomiglia più a Umberto Balsamo.

E per meglio ancora connotare il tutto, nemmeno una uniforme, e una macchina della polizia, solo i bagliori di una sirena nella notte dalla finestra, e i rumori dei motori e degli sportelli che sbattono, in quanto "è arrivata la polizia".

Bella anche se ripetuta e riarrangiata ad ibitum nei vari temi della colonna sonora, la musica e va da sè non è una novità, di Pino Donaggio.

Con lo stesso che pure canta in un locale la propria canzone di quell'anno "Certe volte a Venezia''.

 

Ted_Bundy1979

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