Regia di Scott Cooper vedi scheda film
'Black Mass' - corredato dall'inutile sottotitolo 'L'ultimo gangster' - narra le gesta dell'efferato criminale James 'Whitey' Bulger (Johnny Depp), che 'operava' in quel di South Boston in qualità di leader della Winter Hill Gang, in contrasto con la cosca italo-americana degli Angiulo, spalleggiato dall'amico d'infanzia ed agente F.B.I. John Connolly (Joel Edgerton), il quale promette di coprire l'amico per arrivare ad eliminare il crimine di matrice italiana, ma pagando, alla fine, un prezzo salatissimo per la sua strategia.
La lacunosa sceneggiatura, ad opera di Chaz Butterworth e Mark Mallouk, racconta la vita di Bulger dal 1975 fino al 1995, quando il boss riuscì a far perdere le proprie tracce, diventando il ricercato n. 2 (l'1 era un certo Osama Bin Laden...), e affida alle didascalie finali - stratagemma che vedo usato spesso di recente ma che non mi trova d'accordo in generale - di farci sapere il destino dell'uomo, che venne catturato nel 2011 - ironia della sorte lo stesso anno che il terrorista arabo venne ucciso - e da allora sconta due ergastoli e altre pene accessorie, mentre la regia di Scott Cooper rimane parecchio incerta tra i numi tutelari del genere gangsteristico, ovvero il cinema iperealista di Scorsese, quello voyeurista-citazionista di De Palma oppure quello epico-tragico di Coppola, avvicinandosi al primo come approccio e anche nell'uso di una fotografia appunto iperrealista di notevole livello, ad opera di Masanobu Takayanagi, ma filmando in pratica una sequela di atti criminosi - pestaggi, omicidi, appostamenti, vessazioni - che faticano a delineare un quadro d'insieme dell'epoca, meglio evocata grazie a scenografie e costumi, e a formare un tutt'uno equilibrato, anche con qualche calo ritmico di troppo.
A salvare in extremis il film però c'è l'alto standard delle interpretazioni, con un ritrovato Johnny Depp che, sotto un'abbondante coltre di trucco, lascia finalmente da parte le gigionerie di cui ha persin troppo abusato negli ultimi anni, per offrire una prova 'glaciale' e trattenuta da brividi, tutta concentrata su poche e calcolate azioni e ancor meno sulle poche e laconiche parole, con Joel Edgerton in costante ascesa nei panni dell'agente dai metodi poco ortodossi e un Benedict Cumberbatch anch'egli ottimo, nell'ingrato ruolo del fratello di James che vedrà la propria brillante carriera politica di senatore segnata per la sua 'pericolosa' parentela, per passare a una nutrita schiera di caratteristi nei canonici ruoli della manovalanza criminale, nonché due prove che pur nella loro brevità lasciano il segno, Peter Sarsgaard, gangster ben presto eliminato e Kevin Bacon, agente lungimirante ma messo in disparte.
Come sovente capita in film appartenenti a tale genere sacrificati e risicati i ruoli femminili: Dakota Johnson, donna del boss, nonché madre di suo figlio, cade presto nell'oblio, come Julianne Nicholson, moglie dell'agente-amico Connolly, mentre quella che rimane più nella memoria è Juno Temple, prostituta tolta di mezzo nell'unica sequenza in cui appare, a mio avviso la migliore del film, con la mdp che si sposta lateralmente e poi si allontana, suggerendo la sua triste fine.
Voto: 6,5.
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