Regia di Scott Cooper vedi scheda film
Vita, morte e criminalità a Boston, da fine anni 70 a inizio 90, sotto il dominio silente della famiglia irlandese Bulger, con Whitey a seminare terrore e Billy comodamente seduto al Senato. E con il benestare dell’FBI, che sceglie il primo come informatore per disfarsi della rivale mafia. Ne abbiamo visti molti di gangster irascibili e paranoici, tanto amorevoli con i figli e le madri (meno con le compagne) quanto spietati nell’ascesa al potere. Ogni volta sono «i più grandi criminali della storia americana» e numerose varianti utilizzate per preparare il pubblico a una buona dose di amoralità ed efferatezze. Se minacce e strangolamenti non mancano quasi mai, da molto tempo il genere gira su se stesso, felice di farsi sedurre dall’ingombrante carisma del male. Il James “Whitey” Bulger incarnato da questa versione cupa e allucinata di Johnny Depp ne è inequivocabile conferma. Gli occhi spettrali e l’aspetto maligno ne amplificano la presenza scenica, finendo per cannibalizzare tutto il contorno umano, sociale e geografico. Black Mass è infatti un film trasparente, sicuramente calibrato quanto anonimo, devoto all’imperante morale della sottile linea nera che unisce le guardie e i ladri. Una storia vista e rivista, che guarda ad American Gangster di Ridley Scott, senza cercarne (o saperne riprodurre) il respiro epico e la magniloquenza. Un altro pezzo facile cucito sul compulsivo trasformismo di Depp.
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