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Black Mass - L'ultimo gangster

Regia di Scott Cooper vedi scheda film

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La recensione su Black Mass - L'ultimo gangster

di EightAndHalf
2 stelle

Si fa presto a dire perché Black Mass è un film – prevedibilmente – orribile dicendo ciò che non è, e che non c’è. Non è un grande thriller, né un alto esemplare di genere, nonostante la confezione tirata a lucido potrebbe lasciarlo immaginare, perché non c’è un briciolo di tensione né c’è quell’attesa spasmodica per il twist o l’esplosione di violenza cui Scorsese (esperto storico del genere gangster) ci aveva abituato. Ma anche senza andare a scomodare Scorsese (con cui il confronto è inevitabile: Black Mass ne è la palesata brutta copia), non vi troviamo neanche il minimo sindacale richiesto.

 

 

Black Mass non è un grande thriller perché non ha veri personaggi. Lo spreco immondo di star esagerate (Kevin Bacon e Benedict Cumberbatch compaiono poco e niente) è messo al servizio di una galleria di individui deprivati di qualsiasi carisma, liberati da qualsivoglia spessore e disposti in ruoli fin da subito chiari, senza ambiguità né evoluzioni, intrecciati a dialoghi spossanti e ripetitivi in cui James Bulger è cattivo e quindi fa il cattivo, John Connelly è “doppiogiochista anomalo” e fa il “doppiogiochista anomalo”, e, per dirne un’altra, la moglie di Bulger è la mogliettina per bene e fa la mogliettina per bene (anche se pure lei, interpretata da Dakota Johnson, appare sporadicamente).

 

 

Black Mass non ha tensione perché la sceneggiatura è un ricettacolo virulento di stereotipi e banalità uno dopo l’altra, riproposti in tutte le occasioni possibili per dare al film di Scott Cooper il tocco “cazzuto” giusto e strappa-applausi. Johnny Depp, truccato manco fosse un vampiro drogato, sembra la parodia di Arthur Fonzarelli con la sua mise di pantaloni attillati e costante giacca su maglietta, e il suo trucco e le sue frasi e i suoi gesti sono sempre messi lì a indicare che è il cattivo furbo di turno che sa minacciare e che se minaccia non si fa problemi a uccidere. Anche per questo, il personaggio di James Bulger non ha carisma, non desta inquietudine – come invece vorrebbe -, non cattura l’attenzione.

 

 

Black Mass è un film insopportabile perché la sua sceneggiatura non è capace di osare, zoppicante com’è risolve i vari snodi polizieschi subito prima inaugurati e non lascia nulla all’attesa, né alla suspense. Ogni passaggio narrativo è elementare, assai spiegato, come a non voler distrarre lo spettatore dal mattatore-Depp di turno. Talmente è insulsa la scrittura del film – costruita banalmente su degli interrogatori ad ex-galeotti – che non si disdegnano nemmeno dei siparietti assolutamente a sé stanti in cui Bulger è capace di ribadire quant’è cattivo facendo del male a destra e a manca (un esempio per tutti: l’episodio della giovane prostituta di Juno Temple).

 

 

Black Mass non è minimamente confrontabile ad altri film del suo genere perché non riesce in ciò in cui i più grandi riescono: non dare per scontate le intenzioni dei personaggi. Che Bulger sia cattivo lo si capisce in pochi minuti, ma il suo desiderio di violenza e di avidità è messo dietro al personaggio come fatto ovvio inutile da approfondire, tant’è che del personaggio rimane solo la macchia maltruccata sullo schermo. Lo stesso dicasi del personaggio di Joel Edgerton, agente dell’FBI cresciuto nel Southie dove il gruppo di Bulger ha prolificato e quindi in qualche modo legato allo stesso a livello tale da concedergli qualsiasi azione violenta pur di ricevere informazioni sulla mafia italiana di Boston. A partire da questi presupposti, inevitabilmente il paradosso su cui vorrebbe incentrarsi il film, quello dell’accordo malavita-FBI e quello della questione se il fine giustifichi mezzi illeciti (catturare la mafia lasciando libero “Whitey” Bulger?), finisce in briciole, spazzato via dall’insignificanza.

 

 

Black Mass non è un film che rimarrà nella memoria collettiva perché è un film inutile, tirato via, senza lo sguardo né di un autore né di un mestierante, talmente piatto da far dimenare sulla poltrona per tutte e due le tremende ore. Presentato fuori concorso a Venezia 72, una pellicola da evitare come la peste, nonostante al Lido abbia strappato un discreto numero di applausi.

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