Regia di Dario Argento vedi scheda film
Svolta epocale ed allo stesso tempo punto di non ritorno nella carriera di un regista che ci ha rappresentato oltre oceano per tanti anni generando una schiera di fans e ammiratori a loro volta bistrattati da fermi oppositori che lo giudicano da sempre un genio dell’illuminazione, un maestro nell’ideare riprese virtuosistiche e tecnicamente avanzate in tempi in cui il movimento di macchina era un’arte umana e non computerizzata ma imperdonabilmente carente e superficiale in fase di scrittura, mediocrissimo per non dire vergognoso nella direzione degli attori ed incomprensibilmente decaduto con il passare degli anni, come se l’ingenuità e l’inesperienza della giovinezza siano state delle doti preziose agli esordi al contrario della padronanza dei mezzi e della maturità che sembrano condizionare negativamente tutti i suoi lavori da “Opera” in poi e qualcuno anche prima di esso.
“Suspiria” è il più grande successo internazionale di Dario Argento, il primo incubo dopo la striscia gialla ad essere dominato dal fattore esoterico, il primo di una lunga serie in cui la protagonista è una ragazza automaticamente più vulnerabile e soggetta allo spavento in un racconto horror, il primo di una trilogia dalla tempistica e dai risultati inconcepibili perché i destini delle sorelle di quella Mater suspiriorum al centro della trama di “Suspiria” verranno narrati nel successivo “Inferno” da me ritenuto la prima vera stronzata inconcepibile prodotta da Argento e l’eloquente, solo per il titolo, “La terza madre” realizzato trenta anni dopo il primo episodio della trilogia e scartato da me a priori perché dopo aver visto gli ultimi rigurgiti intestinali del regista ho preferito risparmiarmi lo strazio che dai commenti giunti alle mie orecchie da vari conoscenti ed esperti qui sul sito è un autentico abominio filmico, è un vero peccato che lo spunto iniziale di questo trittico sia finito così in merda perché per molti incluso il sottoscritto “Suspiria” è una favola horror stupenda in cui una volta tanto sceneggiatura e prova attoriale sono di livello eccelso come la messa in scena e la regia, in più c’è la stupenda illuminazione di Luciano Tovoli che ha colorato in maniera indelebile questo film influenzando i direttori della fotografia a stelle strisce e nostrani per molti anni; se poi è vero che il buon giorno si vede a notte fonda non potrò essere rimproverato nell’affermare che “Suspiria” è un classico del cinema horror tout court dato che l’inizio nella più tetra oscurità è davvero spettacolare, un susseguirsi martellante di situazioni, immagini e brividi capaci di trascinare lo spettatore nei meandri di questa fiaba horror con un mistero inquietante nascosto all’interno della scuola di danza di Friburgo dove l’americana Suzy Bannion si è appena trasferita dall’America.
La protagonista Jessica Harper fu scritturata da Argento dopo la bella prova in “Phantom of the paradise” di De Palma, la scelta fu per me azzeccatissima perché la bella ragazza dell’Illinois ha due occhioni da manga giapponese ed un'aria spaesata perfetta per il ruolo di Suzy ed appena scesa dall’aereo mette subito in mostra questa vulnerabilità nella uggiosa notte di Friburgo: oltrepassa le porte a vetri dell’aeroporto e la musica magicamente inquietante dei Goblin la avvolge come in un incantesimo, la pioggia ed il vento la assalgono mentre noi spettatori saliamo nel taxi insieme a lei per addentrarci nella foresta nera che circonda la scuola di danza dove dovrebbe alloggiare ma all’ingresso, mentre imperversa la tempesta, osserva un’allieva sconvolta che sta abbandonando l’istituto e sull’uscio urla qualcosa a un misterioso interlocutore all’interno dell’edificio che viene captato da Susy ma memorizzato a mala pena per uno dei più classici espedienti narrativi argentiani, un particolare che la protagonista cercherà di rammentare lungo tutta la sua macabra odissea; la porta si chiude, la ragazza fugge e Susy suona al campanello non prima di aver chiesto al tassista di aspettare di essersi accertato che sia stata fatta entrare ma ciò non avviene e la giovane ballerina ritorna nell’auto che si avvia a ritornare in città passando nuovamente in quella foresta così buia dove si intravede come illuminata da una magia nera la ragazza fuggita dalla scuola di danza che corre all’impazzata nella boscaglia, quei pochi attimi mi hanno sempre dato un brivido fortissimo, come se io stesso stessi correndo immerso in quell’atmosfera lugubre fuggendo da qualcosa di imprecisato ed è proprio a questo punto che la nostra attenzione si sposta dalla protagonista alla fuggiasca che raggiunge la città e si rifugia da una sua amica, questa lunghissima sequenza introduttiva assolutamente da antologia nel cinema di genere e in quello argentiano si conclude con una nuova apertura verso il gore e lo slasher più violento oltre ad una esclusione dell’aspetto logico perché per la prima volta in un suo film c’è l’elemento fantastico a dettare le regole e nel fantastico regole non ce ne sono.
Un quarto d’ora introduttivo ricchissimo dal quale si dipana la luce del giorno dopo sulla scuola di danza dove Suzy ritorna e apprende subito che la ragazza incrociata la sera prima ha subito una sorte atroce ma è l’ambiente scolastico con i suoi occupanti ad essere stranamente sinistro, soprattutto Madame Blanc la direttrice e le sue insegnati e collaboratrici hanno un comportamento oltremodo rigido con gli allievi e Suzy in prima persona subisce una sorta di incantesimo fin da subito mentre viene a conoscenza del motivo per cui la ragazza morta era stata espulsa e comincia ripensare ossessivamente a quelle frasi apparentemente sconnesse udite fra i tuoni del temporale. L’interno della scuola è particolarmente inquietante, sembra una casa di bambole con le stanze rivestite di carta da parati damascata, vetrate e arredamento ottocenteschi, l’abbigliamento e le acconciature son vecchio stile e nelle lunghe carrellate in soggettiva per i corridoi Argento posiziona l’obiettivo all’altezza delle maniglie delle porte rimanendo fedele all’idea iniziale di comporre un cast di bambini poi scartata per le difficoltà inevitabili di ottenere una recitazione qualitativamente adeguata, l’effetto ottenuto è comunque efficace per evidenziare ancora la splendida prova di Jessica Harper e dei giovani attori che interpretano i suoi compagni, tutti avvolti in un sortilegio malefico e proprio Suzy pur essendo estremamente indifesa tanto da sembrare una vittima predestinata trova in se stessa la forza di combattere la maledizione di Helena Markus la cui immagine fugace fu affidata da Argento ad una ex prostituta di oltre novant’anni raccolta in strada.
Gli avvenimenti salienti si susseguono all’interno della scuola di danza ma sono intervallati da alcune locations esterne in particolare la piazza spettrale dove si muove il pianista cieco affidato al sempre bravo Flavio Bucci e il grattacielo BMW a Monaco di Baviera dalla moderna architettura,di fronte al quale la protagonista incontra il personaggio interpretato da Udo Kier che le fornisce delle indicazioni fondamentali per venire a capo del mistero svelato nel finale in una sequenza tanto ricca e suggestiva quanto quella iniziale.
“Suspiria” è a mio avviso il film più completo di Argento, dove convivono in perfetto equilibrio tutte le cose migliori del suo cinema ritmate da una colonna sonora molto bella dei Goblin in cui spiccano i sospiri e la parola “witch” echizzata in stile Pink Floyd di “Careful with that axe Eugene” e l’utilizzo di strumenti stravaganti come il bouzouki, madolino dalle frequenze basse ed ondeggianti di origine greca.
Argento lasciava presagire grandi cose con il suo primo vero horror ma i molti elementi del giallo come la frase che Suzy cerca di interpretare e la presenza di un killer apparentemente da individuare hanno arricchito un opera che purtroppo rimarrà un episodio isolato nella sua filmografia perché dal film successivo il virtuoso cineasta romano abbandonerà definitivamente i dettami del giallo trascurando la scrittura a discapito di trame sempre più inconcepibili piene di passaggi illogici che rendono i suoi film dei veicoli per mettere in mostra i suoi virtuosismi e niente più.
Scelta azzeccatissima: viso disegnato con occhioni sgranati di stupore, si abbandona ad un sorriso liberatorio solo alla fine.
L'insegnante inflessibile e dall'aspetto sgradevole le calza a pennello.
Parte di contorno un pò trascurata in fase di scrittura perchè il suo personaggio sembra instaurare un legame affettivo con la protagonista ma non ci viene mostrarto nessuno sviluppo e soprattutto non viene chiarito se sia una ingenua pedina o un elemento consapevole dei malefici all'interno dell'istituto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta