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Suspiria

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Suspiria

di ROTOTOM
10 stelle

Il primo capitolo dell’agognata trilogia delle Tre Madri è un capolavoro. Bisogna dirlo subito perché al ripensare all’Argento odierno fa ancora più rabbia registrare la dispersione di quel talento, inventiva e tecnica cinematografica che ha dato vita ad un titolo come Suspiria. Successivo alla trilogia degli animali( L’uccello dalle piume di cristallo; Il gatto a nove code; Quattro mosche di velluto grigio) in cui l’intreccio e il colpo di scena mirabilmente costruiti erano le fondamenta della struttura narrativa, Suspiria è successore immediato di quel Profondo Rosso anch’esso capolavoro del thriller, che contiene già i lemmi poi estremizzati nei primi due capitoli delle Tre Madri. L’uso del colore assolutamente espressionista e la spettacolare scenografia gotico/ liberty donano un fascino irreale alla pellicola disegnando sui corpi delle attrici una seconda pelle, uno strato onirico superficiale come se l’intimo orrorifico fosse trasudato e mostrato, l’incubo che prende corpo e carne e che di corpo e di carne si nutre. La storia è semplice, Susy arriva dall’America per studiare danza in una antica e prestigiosa scuola di Monaco di Baviera che in realtà nasconde una congrega di streghe in cui rimangono vittime alcune delle studentesse della scuola stessa. La messa in scena invece è straordinaria, essenziale la storia svuotata dai moventi e dagli intrecci dei suoi precedenti thriller, l’attenzione viene posta sulla tensione, sulla costruzione di un luogo di paura e oppressione, sulla rappresentazione di quella paura utilizzando i volti come quadri in cui intingere i colori che sembrano scaturite naturalmente dai muri finemente arabescati, dagli arazzi intrecciati, dalle fantasiose coreografie di linee e cornici che rivestono la casa. Luci che sgorgano da finestre art decò che si fondono con sensazioni sotto pelle, sussurri e respiri, rumori che impastati nel buio acquistano forma, echi e presenze si materializzano in ombre, orrore e morte. La morte è fisicamente percepibile in questo film, è un personaggio reale quasi, che ha costruito gli ambienti della casa a propria immagine e somiglianza, magnifica e spaventosa assieme, nella quale risiede e dalla quale prende la forza di esistere. La compattezza del film non lascia alcun momento di tregua, Argento da sfoggio di grande tecnica giocando con le proprie attrici e con gli spettatori ponendosi come interlocutore tra i due mondi, portando per mano letteralmente i secondi a vedere come si muore, da vicino, da dentro addirittura come nel primo omicidio in cui si vede il coltello affondare nel cuore, fa intingere la mano nel sangue, mette chi guarda dalla parte del carnefice e lo lascia fare poi ribalta la visuale in una soggettiva della vittima predestinata seguendone i passi, instillando l’angoscia di chi sa che sta per morire. I sensi della vista e dell’udito sono fondamentali nel cinema di Argento che ne ha estremizzato le funzioni rendendoli punti focali della sua visione dell’orrido, poiché il vedere e il sentire fanno parte del profondo della natura umana, quella inconscia che nasconde mostri,incubi misteri e che è molto più sensibile, ricettiva e comunicativa della parte conscia relazionale del parlare e ascoltare, molto più fallaci e inaffidabili in quanto influenzate e filtrate dalla ragione. Così, come in Profondo Rosso l’intuizione era di fare vedere l’assassino all’inizio senza dare la possibilità di guardarlo, in Suspiria il mistero è legato al sentire un’affermazione di una ragazza in fuga durante un furioso temporale, affermazione che non è stato possibile ascoltare. Suspiria evoca i sospiri, il sussurrare, il respirare l’udire senza sentire, l’esile anelito del respiro che precede la morte. Entrambe le sensazioni riaffiorano a fior di pelle e si rendono intelleggibili solo abbandonandosi al mistero, quasi fosse un rito religioso, arrendersi a ciò che si cela sotto ciò che si crede giusto e palese. Tanto è vero che entrambe (il viso dell’assassino in Profondo Rosso e il decoro a forma di fiore in Suspiria) risultano chiare alla loro visione ad uno specchio, ovvero l’altra parte delle percezioni umane, quella onirica. Suspiria è oltretutto un horror di sesso femminile, la morte è femmina, la magione è un utero gravido di figlie, una piccola enclave di società matriarcale potente e spietata. Gli uomini nel film o sono ciechi (un grande Flavio Bucci la cui scena di morte è tra le meglio girate e più crudeli della storia dell’horror) o grotteschi come il servitore muto e deforme o il bambino dalla maschera inespressiva che muto anch’esso e si aggira in un rigido completino scolastico e baschetto biondo tra le allieve della scuola. Femmina è la strega, la protagonista Jessica Harper che richiama e anticipa nell’aspetto quella che sarà, inarrivabile, la grandiosa bambina di Phenomena: Jennifer Connelly. Tutte femmine sono le inservienti e le insegnanti tra cui spicca una mefistofelica Alida Valli, tutte legate dal mostruoso centenario patto di sangue. La caratterizzazione del film si estende alle paure più marcatamente e fisicamente femminili, come la pioggia di vermi dal soffitto che si vanno a aggrovigliare ai capelli delle ragazze, il pipistrello che irrompe nella stanza aggredendo Susy nel bagno, cosa non comune nei classici film dell’orrore in cui il maschio è visto comunemente come veicolo di violenza sopraffazione e artefice della paura da instillare alla donna e pertanto di tipo maschile, mentre alla femmina è riservato il solo ruolo di vittima succube di quella violenza. In Suspiria il ribaltamento di questo concetto è tale per cui l’orrore è da donna a donna, come tra Biancaneve e la strega malvagia.Come tra una figlia e una madre terribile e oppressiva. Per l’esattezza la prima delle Tre Madri. Mater Sospiriorum.

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