Regia di Gunnar Vikene vedi scheda film
Harold produce mobili di qualità ed è ormai prossimo alla pensione, ma l'apertura di un'Ikea gli toglie improvvisamente clienti e lo manda in fallimento. La moglie, già malata, muore. Harold tenta di recuperare il rapporto con suo figlio, ma non funziona; così parte alla ricerca di Ingvar Kamprad. Ovverosia dell'arzillo nonagenario fondatore dell'Ikea.
Malattia, disperazione, divorzio, famiglie allargate, alcolismo, depressione, omicidio, suicidio, morte: tutto questo in una commedia. È follia? No, è la Norvegia. L'idea di commedia per un regista e sceneggiatore esperto (classe 1966, questo è il suo quarto lungometraggio, ma ha girato anche per la televisione locale) come Gunnar Vikene non può prescindere in alcun modo dalla realtà e dalle sue brutture, storture, tragedie; in questo gli scandinavi hanno ancora parecchio da insegnare, nel 2015, agli italiani. Scendendo poi nei particolari, Here is Harold non è un'opera esente da imperfezioni più o meno gravi, ma va apprezzata sia la verosimiglianza della storia che l'ironia nera che le scorre sottotraccia. Il titolo insignificante è un difetto perdonabile; già più difficile è passare sopra certe sequenze costruite in modo un po' forzato, posticcio: il tentato suicidio di Harold o l'esibizione ballerina sotto la neve, per citarne un paio. I personaggi sono sufficientemente definiti e lo sviluppo narrativo, dopo un inizio abbastanza incerto, prende il via in maniera vivacemente inarrestabile dalla metà in avanti del film. Bene gli interpreti, per quanto poco possano essere conosciuti dal pubblico internazionale (Bjorn Sundquist, Vidar Magnussen, Fanny Ketter, Veslemoy Mokrid); l'unico nome di qualche notorietà all'estero è quello di Bjorn Granath, cioè Kamprad, il personaggio più smaccatamente comico dell'intreccio. Mezzo voto in meno per il finale irrisolto. 4,5/10.
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