Regia di Zack Snyder vedi scheda film
Se è la "questione Superman" a dominare il (grave) dibattito - tra dissertazioni teologiche ed elucubrazioni filosofiche, moti di sdegno ed esaltazioni superomistiche, pressioni mediatiche ed evoluzioni delle paranoie collettive -, i toni (o)scuri dell'Oscuro lo popolano degl'incubi e delle incubazioni - (extra)terrene - della propagazione del male. In tutte le sue forme, sfumature e deviazioni.
Più che una mera contrapposizione Dio vs. Uomo, giorno vs. notte, Metropolis vs. Gotham City, un processo naturale di conoscenza e sviluppo della coscienza: (la storia del)l'inizio. E l'iniziazione.
Nell'incipit Bruce - in un frammento di ricordo lacerante alimentato da (auto)suggestioni oniriche - ascende al cielo tra le avvolgenti nere ali di pipistrelli: un segno, un destino, uno scopo. E il motivo portante e fondativo dell'intera opera batman-supermaniana: un'eufonia che nasce da/su note drammatiche e manipolat(iv)e, si sviluppa in prevedibile/ineluttabile senso ultra-conflittuale dalla pesante timbrica lirica, fino a raggiungere l'epico - quasi "gioioso" se non fosse sempre ammantato di solenne tragicità - incrocio di accordi che tutti aspettavano (aspettavamo).
Da un lato il pubblico - la figura di Superman, salvatore, falso dio, alieno, è continuamente e costantemente oggetto di controversia in mondovisione e spietata manipolazione - dall'altro il privato del sempre più furioso giustiziere (la sacra trinità: giudice, giuria, boia) che agisce con le tenebre e ammette candidamente la sua cupa natura («siamo criminali, Alfred, lo siamo sempre stati» il Bruce-pensiero).
Due anime così differenti eppure parti dello stesso turpe mondo in cui «nessuno resta buono» destinate non solo a incontrarsi/scontrarsi/conoscersi - e come tali fomentati dal grottesco catalizzatore Lex Luthor, filantropo malvagio e bibliofilo affetto da trascurabili turbe psichiche - ma sopra ogni cosa a rappresentare e determinare gli equilibri dell'umanità stessa.
Che il sacrificio, il martirio, di uno - a seguito di un letale combattimento contro l'ennesima creatura apocalittica che sancisce una strana alleanza tra l'uomo, il dio e l'enigmatica donna guerriera venuta da chissà dove/quando - provochi nell'altro un'apertura alla speranza, alla luce - così come alle battaglie che verranno -, è tanto un paradosso quanto innanzitutto sintomo e segno dello stato delle cose in tempi di paure, oscurità, presagi, fede e amore.
C'è tutto questo, in Batman v Superman: Dawn of Justice; e molto altro.
L'irrinunciabile eccessiva lunghezza (ben due ore e mezza), intanto, che si coniuga - e non è propriamente un'unione civile felicissima - con la (arche)tipica "pesantezza" nolaniana: grav(os)ità e seriosità da cinefumetto per adulti che, in mano ad altri che non siano l'autore della precedente trilogia del Cavaliere Oscuro, può rivelarsi, come si rivela, un minimo fuori fuoco oltreché dura a digerire.
Su script verboso, lunghissimo e carico di fatti-situazioni-riflessioni (ed ovvie brecce su quanto verrà: caso metaumani e future alleanze) ma in fondo nient'affatto così lacunoso e ridicolo come aizzato dai soliti militanti contestatori precog, il film poteva asciugarsi dall'ardore didascalico-narrativo, e qualche scena di troppo essere tagliata. Ad esempio un paio di apparizioni-situazioni oniriche: l'incontro tra Clark e il defunto padre tra i ghiacci, e l'incubo dentro l'incubo di Bruce che pare un residuato da Sucker Punch.
Ecco, la "questione" Snyder: ormai cifra stilistica inconfondibile la sua, nel bene e nel male. Inutile a questo punto spendersi tra aspetti positivi e negativi: il ragazzo ci sa fare, sa come conferire epicità al momento opportuno ed armare l'opera di una liricità sentimentale che non sembri risibile per contrasto (c'è pur sempre bardata da carnevale che se ne va in giro).
Come sovente, tuttavia, non riesce a non ridurre temi e faccende alle logiche dello spettacolo fracassone, con uso massiccio e sostanzialmente standardizzato di CGI e tecniche di ripresa. Probabilmente un dazio da pagare, mentre appare più libero (e riuscito) l'utilizzo di elementi orrorifici, disseminati tra le pieghe di una materia che, sì, sanguina.
Bene la trattazione psicologica dei personaggi, la loro interazione e dinamica, anche al di fuori dei due titolari (con particolare riguardo a Lois Lane e Lex Luthor).
A sorpresa, ed inaspettatamente (s'udivano ululati di disapprovazione ovunque nel globo già mezzo secondo dopo l'annuncio), Ben Affleck è un Bruce/Batman più che convincente e dotato di una luce, un'aura, quasi mistica (e già più di qualcuno auspica una sua discesa in campo come regista di prossime avventure batmaniane). E se nulla di nuovo giunge dal dio-alieno-sfinge Cavill, Amy Adams si conferma interprete di razza (anche in blockbuster come questi) e Jesse Eisenberg disegna un Lex Luthor in bilico tra ridicolo e sublime.
Sorprende pure la Diana Prince/Wonder Woman di Gal Gadot (un'altra contestatissima da quando fu comunicato il suo nome): bellezza selvaggia e physique du rôle, sia in panni "umani" sia in costume. E con un tema musicale dedicato (colonna sonora di Hans Zimmer e Junkie XL: il magnifico riff è chiaramente roba di quest'ultimo) così figo che si prende pure lo scontro furente con Doomsday.
Magari meno paturnie esistenziali e più Gal Gadot non sarebbe stato male ...
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